Claudio Lippi ha il dono della versatilità. Il pubblico lo ha visto calarsi in contesti differenti, ma ognuna delle esperienze aveva questo denominatore comune del volere costruire, con la gente, un patto di amicizia autentico. La prima notorietà l’ha acquisita nella veste di cantante confidenziale, e la confidenzialità è il tratto distintivo pure della sua attività come conduttore: dall’intrattenimento con ospiti nella Rai in bianco e nero (Tanto piacere) alle sperimentazioni, con mezzi di fortuna, della tv berlusconiana agli albori (Sprolippio); dai quiz formato famiglia in orario meridiano (Tutti in famiglia, Il pranzo è servito ereditato da Corrado) ai Giochi senza frontiere che galvanizzavano gli italiani in vacanza. Con Mai dire gol, scoprì che la cosa migliore era premere fino in fondo il tasto dell’autoironia, e gli riuscì così bene che seguitò in quella direzione, nelle edizioni di Buona domenica orchestrate da Costanzo. Anche da coautore, con Alessandro Battaglia, del volume Tele Racconto. Storie e aneddoti di 70 anni della tv (Ed.Orange Publishing), la confidenzialità rimane una costante. Una storia “sentimentale” del piccolo schermo la loro, finalizzata a far riaffiorare le fragranze televisive antiche. Mancavano, nel curriculum rigoglioso di Lippi, i panni di un Virgilio. Meno ieratico del Virgilio dantesco, ma così ci piace: non è tra le “selve oscure” che doveva condurre, bensì tra i luoghi ameni della memoria che, scortati dalla sua affabilità, riviviamo tutti insieme.
Caro Lippi, il libro è impreziosito dai suoi aneddoti di vita (televisiva) vissuta. Partiamo da Corrado “Jekyll e Hyde”, che quando giocava a scopone perdeva la proverbiale bonomia...
«La sua compagna Marina Donato e Vittorio Marsiglia si misero in coppia e mi lasciarono con Corrado, che era una sorta di Pico della Mirandola.
Si ricordava tutte le carte che uscivano. Io commisi molti errori, intimidito dalle reazioni al limite della violenza. Un’altra persona. Non ho più giocato.
Comunque l’esperienza non ha incrinato l’amicizia, anzi, l’ha rafforzata».
Se un giorno scriverà un libro su Maurizio Costanzo, questo libro dovrà intitolarsi “Io lo conoscevo bene”. Cosa c’era dietro l’angolo del suo disincanto perenne?
«Le piegature più intime dell’animo di Maurizio devono rimanere solo nel ricordo di chi, come me, gli è stato molto vicino. Abbiamo vissuto il successo di Buona domenica condividendo in quegli anni un’infinità di pranzi molto leggeri su “ingiunzione” della moglie Maria. Posso solo dire che, dietro a quell’atteggiamento cinico all’apparenza, si nascondeva un uomo di una sensibilità immensa».
È vero che non riesce a parlare con Maria De Filippi dal 2001?
«Non faccio alcun appello, perché conosco la particolare riservatezza di Maria. Il mio numero ce l’ha. Se le andrà di sentirmi di nuovo, sarà la benvenuta».
Un’altra primadonna della Tv, Barbara D’Urso, l’ha conosciuta quando era una fanciulla in fiore. Che idea si è fatto della “defenestrazione” della sua amica?
«Conosco Barbara da sempre, e le faccio i miei migliori auguri, con enorme affetto, per la sua partecipazione in veste di concorrente a Ballando. Per quanto riguarda l’affaire Mediaset, non amo esprimere pareri sulla vita altrui se non sono a conoscenza dei fatti. Credo a quanto mi diceva la mia nonna materna: “Stai fuori dai pettegolezzi e camperai cent’anni”».
Con Pippo Baudo, un’amicizia risalente ai tempi di Settevoci. In pochi sanno che fu lei a presentargli Angela Lippi, sua prima moglie.
«Angela era la centralinista della mia prima casa discografica ed eravamo amici e omonimi. Mi accompagnò ad uno spettacolo in cui presentava Pippo, andammo a cena dopo lo spettacolo. Da lì in poi, hanno fatto tutto loro».
Ben nota è la passione di Raimondo Vianello per lo sport. Ci racconti com’era in campo.
«Un grande regista piantato nel terreno. Tutti sanno della passione di Raimondo per il calcio, ma la passione non basta per diventare campioni. Oltretutto non era più nemmeno un ragazzino e, quindi, si piazzava al centro del campo, pretendendo che tutti i palloni passassero da lui, e li smistava. Io non l’ho mai visto uscire dal campo sudato».
Lei fu tra i pionieri, con la conduzione del programma notturno Sprolippio, della pionieristica avventura televisiva di Berlusconi.
«Fui contattato da Berlusconi prima di tutti gli altri colleghi, e sin da subito ebbi la certezza che sapesse bene dove voleva arrivare. Dopo di lui, ho incontrato un bel po’ di millantatori. L’elenco sarebbe lungo e fastidioso».
“SproLippi” potrebbe essere il titolo di un suo podcast. Oppure, rimanendo sul giocoso, “Il Lippi è servito”, a richiamo del game show di Corrado che lei ereditò.
«La ringrazio per i suggerimenti. Posso anticipare che, insieme ad Alessandro Battaglia, il coautore del libro, stiamo lavorando alla realizzazione di un podcast ma, per mia scelta, parlo solo quando sono certo di avere qualcosa di concreto da dire».
Tra i molti nomi che si sono seduti dietro al bancone di Striscia, figura lei pure. Correva l’anno ’98.
«Fu talmente veloce che quasi non mi ricordavo. Evidentemente non rimase particolarmente colpito Antonio Ricci, che non ho mai più sentito».
Ha detto che Bonolis, essendo dei Gemelli, tende a prevaricare. Se dessimo però troppa retta allo zodiaco, lei pure Lippi è un Gemelli...
«Probabilmente sono nato difettato. Anche Baudo, Bongiorno e la Carrà erano Gemelli. Di sicuro io non ho la stoffa del prevaricatore e forse, oggigiorno, questo aspetto caratteriale costituisce un handicap».
Ci voleva il miracolo di Mai dire gol per sdoganare il “Lippi senza frontiere”. Cosa aspettano, i Gialappi, a coinvolgerla attivamente nel GialappaShow?
«Le sarei grato se ponesse questa domanda a Marco e Giorgio, i due rimasti. Non so rispondere. Posso azzardare solo un’ipotesi: è decisamente cambiata la formula».
Due anni fa, il famoso incidente di Montecitorio. Vogliamo approfittarne per mettere in chiaro che l’omofobia è quanto di più distante dall’essenza di Lippi?
«Si tratta di una truffa giornalistica nella quale sono cascati i dirigenti Rai. I responsabili di questa decisione hanno causato seri danni alla mia immagine e alla mia professione. Le parole “controverse” che mi sono state attribuite sono una ignobile bufala, io non ho mai espresso quei concetti. In riferimento agli orientamenti sessuali di una persona, il sottoscritto è così distante dall’omofobia che non ama neppure il termine “tolleranza”. Ritengo che si debba rispettare, non “tollerare”, la natura di un individuo. Colgo l’occasione per ringraziare il pubblico che continua ad invocare il mio ritorno in tv. Io sono pronto».
Lei ha scritto: «Chiedo di inibire l’ingresso dove avverrà la mia cerimonia funebre con la lista di coloro che mi hanno tradito in ambito professionale». Visto che accadrà tra un mucchio di tempo, da qui ad allora avrà convertito la vendetta in indulgenza plenaria...
«E invece, credo che il tempo mi aiuterà ad ampliare la lista. Almeno eviterò l’ipocrisia dei volti contriti».
Per ognuno c’è qualcuno al mondo è il titolo della sua hit più celebre, nei favolosi anni Sessanta. Chi è il “qualcuno” a cui Claudio ama aggrapparsi, in questa stagione della vita?
«Sul podio, a pari livello metto: al centro mia moglie, Kerima, alla sua destra mia figlia Federica, ed alla sua sinistra quell’angelo biondo della mia nipotina Mya Summer. Io ho anche la fortuna di avere molto più di qualcuno che mi vuole bene: il pubblico».