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Così Taylor Swift ha ucciso il rap americano

L'analisi della Billboard Hot 100, la classifica statunitense, spiega in filigrana le conseguenze sull'industria musicale dell'artista di maggior successo commerciale del XXI secolo
di Giampiero De Chiaramercoledì 5 novembre 2025
Così Taylor Swift ha ucciso il rap americano

3' di lettura

Il rap perde colpi. Le rime in sequenza escono dalla classifica dei pezzi più venduti (in Usa) dopo 35 annidi presenza. Nessun rapper è nei primi 40 posti in Billboard Hot 100 (la classifica statunitense) nella patria di un genere nato nei sobborghi Usa e poi esploso a livello mondiale negli anni ottanta. In Usa c’è già chi dà un nome e cognome all’assassino (anzi all’assassina) dell’hip hop. La graduatoria è, infatti, dominata da Taylor Swift. Tutti i brani di The Life of a Showgirl (il suo ultimo album) sono nei primi 40 posti. Una classifica che oggi premia artisti più mainstream (“popolari”), proprio come la Swift o come Sabrina Carpenter, altra cantante e attrice lanciata da una serie di Disney Channel (come Miley Cyrus, Selena Gomez e Olivia Rodrigo), o generi che piano piano hanno sempre più preso il sopravvento: il country o il reggaeton. La stessa Beyoncé, sposata col produttore e rapper Jay Z, ha pubblicato un disco di musica country, a certificare la crescita di un genere spesso sottovalutato o snobbato, ma che è parte integrante della cultura Usa.

DIBATTITO
Il dibattito ovviamente si è acceso oltreoceano, cercando di capire cosa c’è dietro questo dato incontrovertibile. C’è chi ha sottolineato che polarizzandosi l’ascolto della musica vengono premiati pezzi ed artisti più iconici. Il rap continua ad essere prodotto e ascoltato sottolineano quelli che non credono in una crisi del genere musicale - ma arrivano da un altro contesto. Sono figli di cultura underground molto attiva e, soprattutto, autentica. Come se ci fosse un ritorno all’origine di un genere nato per strada, da personaggi che non avevano un vero e proprio background artistico e musicale “regolare”. Molti di questi brani spopolano in stream o su piattaforme come Spotify o Apple Music, non riuscendo però a raggiungere le radio o anche le vendite dei singoli dei grandi del pop più venduti. Parte del problema è anche nelle recenti modifiche alle regole di Billboard. Le nuove norme, infatti, sembrano penalizzare i brani con parabole di ascolto più rapide, tipiche della trap e di molta musica rap, favorendo invece brani pop o country che hanno una presenza costante e prolungata nel tempo. Dopo un certo numero di settimane, inoltre, un brano che scende oltre una determinata posizione, viene rimosso. Se dopo 20 40 settimane di permanenza in classifica, un brano va sotto la 50esima posizione, viene escluso. A questa sorta di “giustificazione” al mondo del rap, viene ribattuto che fino ad una settimana fa un brano come Luther, del rapper Kendrick Lamar (uscitro nel novembre 2024) era in nei top 40 da quasi un anno.

PASSATO
E, nel recente passato, non sono mai mancati pezzi hip hop o artisti rap in classifica. La controreplica parla di punti di vista che sono cambiati, come l’evolversi del mondo discografico musicale. Se l’obiettivo è la “vendibilità” classica, allora è vero che l’attuale movimento del rap è in crisi. L’hip-hop, però, è nato come espressione di una cultura di nicchia, prima di dominare come genere gli anni ’90 e i 2000. L’attuale situazione potrebbe quindi rappresentare non un declino, ma un ritorno alle origini che potrebbe rilanciare il genere o trasformalo ancora. Sabato uscirà la nuova classifica e qualche speranza per il rap, di rientrare nei top 40, arriva dal 26enne YoungBoy Never Broke Again, con il pezzo Shot Callin (fermo per ora al 44° posto). E in Italia, che succede? Il rap tricolore non conosce crisi, anzi a parte qualche eccezione (vedi l’assenza totale per esempio di performance dall’ultimoX Factor) domina il nostro panorama musicale. Ma si sa che spesso quello che avviene nell’impero Usa, nella provincia “italica” potrebbe arrivare a con qualche anno di ritardo.