Viola Valentino la ricordiamo soprattutto per Comprami (che fu frainteso dalle femministe), brano che nel 1979 ha venduto mezzo milione di dischi entrando nella storia della musica italiana. Nella sua lunga carriera, però, Virginia Minnetti (è questo il suo vero nome) ha fatto di tutto: sfilate come modella, pubblicità, due partecipazioni a Sanremo, film con Tomas Milian (Delitto sull’autostrada) e con la coppia Pippo Franco-Franco Califano (Due strani papà), copertine per Playboy, tv e teatro. E, nel frattempo, ha continuato a cantare senza mai fermarsi: anche ora, a 76 anni e dopo aver superato qualche problema di salute, si esibisce in tutta Italia.
Viola Valentino, che strano vederla vestita tutta di nero: nella maggior parte delle foto della sua carriera indossa quasi sempre qualcosa di rosso.
«Il rosso è il mio colore preferito perché mi dà una grande carica, oggi è un caso che non l’abbia addosso: si vede che Venezia mi ha ispirato un abbigliamento più scuro».
A proposito, che ci fa qui in Laguna?
«Mi sono esibita al teatro Malibran nell’ambito del “Festival dea CanzonVenessiana”».
Ha cantato anche “Comprami”?
«Impossibile non farlo, altrimenti mi picchiano. Me la chiedono tutti».
La interpreta ancora volentieri o le sembra riduttivo essere ricondotta sempre a quel brano?
«È un po’ monotono continuare a ripeterla, ma capisco che la gente la voglia sentire perché è il brano che mi ha consacrata regalandomi una popolarità immensa».
Poi approfondiamo. Diceva della gente: ha anche ammiratori giovani?
«Sono eterogenei, dai 15 agli 80 anni. E mi dimostrano sempre tanto affetto».

La domanda più ricorrente?
«“Viola, quando esce il prossimo brano?”».
Già, perché la sua produzione non si ferma mai. Ogni quanto propone canzoni nuove?
«Più o meno ogni sei mesi. E nel frattempo giro l’Italia per fare concerti ed esibizioni, circa 50 date l’anno».
Ma di base ora dove vive?
«Dal 2023 sto a Catania, dove ho suonato un sacco di volte, dove ho molti amici e dove, da 25 anni, c’è uno dei miei più grandi Fan Club. La Sicilia è bellissima, mi piacciono la sua gente e il mare ed è una terra che mi ispira musicalmente».
Lei in generale ora cosa ascolta?
«Vasco Rossi è il mio preferito e i concerti li concludo sempre con “Albachiara”. Comunque seguo volentieri anche i giovani».
I reality musicali li guarda?
«Pochino. Meglio il Festival di Sanremo».
Tra un po’ ci siamo.
«Eh, sì: Sanremo è Sanremo».
Lei, però, non ci va da 42 anni. Come mai?
«Per scelta, ma ormai è anche complicato: bisogna avere il produttore giusto, un brano adatto, un’etichetta forte che ti spinga».
Le piacerebbe tornarci?
«Sì, ma tra virgolette».
In che senso?
«Preferirei fare l’ospite, più che la concorrente. Anche perché il Festival provoca sempre un grande stress e non sono più giovanissima».
A proposito, facciamo un viaggio nel tempo e torniamo insieme agli anni della piccola Virginia Maria Minnetti: è questo il suo nome all’anagrafe, vero?
«Sì. Nasco a Canzo, in provincia di Como, l’1 luglio 1949».
La sua famiglia è originaria di quelle parti?
«No, ma mio padre Cesare gira tantissimo perché fa il pittore - il suo nome d’arte è Luciani- e in quel momento si trova là. Mamma Wanda, o “Uanda” come ama definirsi in quegli anni, fa la ragioniera all’Istituto centrale della statistica di Roma».
Figlia unica?
«No, ho due fratelli, uno dei quali però è nato in un matrimonio precedente».
Che bambina è?
«Timida, ma allo stesso tempo vivace. E fin da piccola ho un sogno ben preciso...».
Diventare cantante?
«No, fare la psichiatra perché sono attratta da luci e ombre delle menti umane. E dalla follia delle persone».
Scuole?
«In giro per l’Italia perché per seguire papà ci spostiamo spesso: viviamo a Napoli, poi a Torino e infine ci stabiliamo a Milano. Dove frequento il liceo scientifico».
E si avvicina al mondo della moda.
«A 15 anni sono già slanciata, mi chiedono di fare l’indossatrice, sfilare per la presentazione delle collezioni e recitare nei caroselli».
Si rende subito conto di essere bella?
«No, mi vedo come una ragazzina normale».
Come avviene il passaggio alla musica?
«L’amico Riki Maiocchi della band “I Camaleonti”, che in quel periodo abita a Sesto S. Giovanni vicino a me, una sera mi chiede di accompagnarlo a consegnare una cassetta a Milano. Andiamo in centro, in galleria Vittorio Emanuele, entriamo nella sala d’attesa di uno studio che si chiama “Senza Fine” e sentiamo, in una stanza, due persone che parlano, si confrontano. Poi, quando escono, comprendo chi sono».
Chi?
«Gino Paoli e Ornella Vanoni».
E cosa succede?
«Sono vestita in un modo particolare, un po’ stravagante con un cappotto nero lungo e un basco, e Gino comincia a scrutarmi. Poi, senza nemmeno domandarmi il nome, chiede: “Sai cantare?”. Io rispondo la verità: “No”. Lui insiste: “Sicura? Sto cercando una persona con le tue caratteristiche, un po’ francesi”. Alla fine, incuriosita, accetto: “Ok, proviamo”».
E diventa il suo produttore. Che ricordo ha di Paoli?
«Persona molto intelligente, sensibile. Un’anima bella».
Nel 1968 le fa incidere il suo primo singolo: “Dixie”.
«Che in quel momento non sento mio, non mi piace. Anche perché fare la musicista non è il mio obiettivo».
Come mai ride?
«Per la promozione del 45 giri mi ritrovo ospite della tv svizzera italiana nella trasmissione “Hit Parade”, dove si sfidano due brani e poi una giuria vota per eleggere il vincitore. Il mio avversario è un ragazzo, in quel momento sconosciuto, che porta la canzone “Acqua azzurra, acqua chiara”».
È Lucio Battisti?
«Proprio lui e la cosa più incredibile è che vinco io».
Meraviglioso. Nel frattempo continua a fare la fotomodella, ma anche a cantare. E forma il duo “Renzo e Virginia” con Riccardo Fogli, che sposa nel 1971. Come è l’incontro?
«Casuale, al Roxy Bar di Milano. Lui scende la scale, io salgo e ci incrociamo. Mi dice: “Ma tu chi sei? Io ti conosco...”. E io: “Chiamami Peroni, sono la tua birra”, come recita la famosa pubblicità di quegli anni».
Nel 1978 partecipa alla realizzazione dell’album “Uno” con i “Fantasy”, ma il boom arriva l’anno successivo, quando Virginia diventa Viola Valentino e canta “Comprami”. Partiamo dal nuovo nome.
«Il produttore Giancarlo Lucariello mi spiega che servirebbe un nome d’arte e dobbiamo inventarci qualcosa. Allora io scelgo Viola, che è un colore, ma anche un fiore e uno strumento, tante cose che hanno a che fare con la musica e il romanticismo. Lui invece, come cognome, suggerisce Valentino come il grande stilista, visto che arrivo dal mondo della moda. Ed ecco Viola Valentino, nome che mi porta subito tanta fortuna».
Sì, perché l’esordio è proprio con “Comprami”, che vende mezzo milione di copie, arriva al terzo posto della hit-parade e poi viene pubblicato anche in Germania e Spagna.
«È sempre Lucariello a propormelo: lo ascolto e la musica mi piace subito».
E il testo?
«A quello inizialmente non ci faccio caso, lo sottovaluto».
E invece sono proprio le parole- abbinate al titolo a far incazzare le femministe.
«Polemiche sbagliate, perché il testo viene travisato e non capiscono la sua ironia: non si tratta di vendersi per denaro. Riguardatevi attentamente le parole».
Eccole: “Comprami, Io sono in vendita / E non mi credere irraggiungibile / Ma un po’ d’amore, un attimo / Un uomo semplice / Una parola, un gesto, una poesia / Mi basta per venir via”.
«Vede, si parla di attenzioni, non di soldi. Non è un testo materialista».
Altra caratteristica dell’interpretazione di allora è il tono: sussurrato, che diventa sexy.
«Una scelta del produttore, più che mia. Adesso infatti la canto sempre e solo a voce piena».
Come mai quello sguardo?
«Le svelo una cosa: interpretare “Comprami” sembra facile, ma non lo è per una questione di respiri, enfasi, tensioni vocali. Nel tempo hanno tentato di imitarmi in tanti, ma con risultati deludenti e anche a “Tale e quale Show”, nel 2018, Matilde Brandi era fisicamente identica a me, ma vocalmente no. Malgrado le avessi dato alcuni consigli».
Torniamo al 1979: “Comprami” la fa diventare famosissima e le cambia improvvisamente la vita.
«E per me, in quel momento, non è semplice adattarmi perché sono timida e riservata. Addirittura in certi momenti sono terrorizzata, resto basita quando tutti mi riconoscono e mi fermano. Mi chiedo: “Ma cosa ho cantato, Yesterday dei Beatles?».
E, ovviamente, viene assaltata dagli ammiratori.
«Mi arrivano regali di ogni tipo, pupazzi, bambole, fiori».
Nel 1980 esce il suo secondo singolo “Sei una bomba”, poi “Sera coi fiocchi” diventa la sigla finale di “Domenica in” e l’anno dopo canta “Giorno popolare” che le permette di vincere “Vota la voce”. In quel momento è famosissima e amatissima: appare in due copertine di “Playboy” e partecipa al Festival 1982 con “Romantici” e a quello 1983 con “Arriva arriva”.
«A Sanremo sono terrorizzata, quel palco mette emozione e ansia a tutti. Ma che ridere con Vasco Rossi».
Cioè? Cosa succede?
«Nel 1982 si esibisce con “Vado al massimo” e alla fine, distrattamente, prende il microfono, lo mette nella tasca della giacca e se va, facendolo poi cadere perché è legato al filo. L’anno successivo, invece, canta “Vita spericolata” prima di me, ma abbandona il palco mentre il suo brano è ancora in esecuzione rivelando così al pubblico che ci esibiamo in playback».
Non solo musica. In quegli anni lei si cimenta anche al cinema.
«Affianco Tomas Milian nel film “Delitto sull’autostrada”, dove lancio pure il brano “Sola”. Lui è una grande persona, intelligente e molto spirituale: finite le sue scene se ne sta in roulotte. Ma è anche tanto paziente perché io, sapendo che ha frequentato l’Actors Studio a New York, lo stresso continuamente chiedendo consigli: “Tomas, come si fa a piangere?”. “Tomas, come si fa a ridere o essere arrabbiati?”. E lui è sempre disponibile e carino, tanto che il giorno del mio compleanno mi fa trovare una torta con le candeline. Probabilmente gli faccio un po’ di tenerezza».
Nel 1983, invece, partecipa a “Due strani papà” con Pippo Franco e Franco Califano.
«Con loro mi diverto tantissimo. E Califano è particolare, un vero gentleman».
Nel frattempo continua a incidere dischi, ma a Sanremo non ci torna più. Anche se, nel 1986, succede un mezzo pasticcio.
«Guido Morra e Maurizio Fabrizio scrivono appositamente per me “Amore stella”, ma alla fine, a cantarlo al Festival, è Donatella Rettore. Capito? Lo danno a lei».
E ci resta male?
«Di più».
Ma in quel momento chi lo interpreta meglio?
«Io».
Il rapporto con la Rettore da quella polemica si incrina?
«No, resta normale. Non siamo amiche, non facciamo shopping insieme e continuiamo così. Io rispetto sempre tutti i colleghi e le colleghe».
Negli Anni ’90 la sua produzione musicale ha un leggero calo e anche la sua vita privata ha un cambiamento: nel 1992, dopo avergli già perdonato un tradimento con Patty Pravo, si separa da Riccardo Fogli dopo 20 anni di matrimonio.
«Per colpa sua, ma ormai sono storie vecchie».
Allora andiamo avanti. Nel 2000 lei collabora con il gruppo rap “Zerodecibel” per realizzare una cover ironica di “Comprami”.
«Mi piace spaziare e sperimentare tutti i generi ed è un’esperienza interessante».
Poi, nel 2006, partecipa al reality “Music Farm” con l’ultimo brano scritto da Bruno Lauzi prima di morire: “Barbiturici nel tè”.
«È lui a propormelo e accetto con entusiasmo, anche se il testo è pesante e, se lo si ascolta attentamente, fa riflettere».
Una parte del brano dice: “Accarezzami / Approfittane se vuoi / Grandi spazi per la gelosia /Per la violenza e l’anarchia / E per artisti gay che si versano / Barbiturici nel the / E per artisti gay che si versano / Barbiturici nel tè”. È anche grazie a questa canzone che lei inizia a diventare un’icona gay?
«Sì e poi mi impegno sempre più a favore dei diritti degli omosessuali. Come nella canzone “Domani è un altro giorno”, in cui racconto l’incontro reale con un ragazzino di 14 anni che mi confessa di essere gay con tutte le paure che lo assalgono, soprattutto in un ambiente di provincia. Purtroppo, qualche mese dopo averlo conosciuto, si è impiccato».
Viola, ultime domande veloci.
1) Rapporto con la religione?
«Sono cristiana, ma ho un’attrazione per il buddhismo. Diciamo che Cristo c’è, mentre Buddha è folkloristico».
2) Paura della morte?
«Sì, anche perché ho avuto qualche problema di salute».
3) Ha raccontato di aver avuto un tumore nel 2019.
«Credevo di non farcela, ero preoccupata. Ho affrontato un’operazione e la chemio, ma ho fatto tutto con grande coraggio. E mi ha aiutata molto avere Rosetta, un cane che nei momenti di difficoltà mi ha dato forza».
4) Ha tatuaggi?
«Solo uno, dedicato al figlio che non ho mai avuto. Mi sarebbe piaciuto diventare mamma, ma non ci sono mai riuscita per problemi fisici».
5) Qualcuno che vorrebbe riabbracciare?
«Mia madre e mio padre che sono morti giovani».
6) Le nuove generazioni le piacciono?
«Molto e io piaccio a loro».
7) C’è qualche cazzata che ha fatto nella vita e che rifarebbe volentieri?
«Preferisco farne di nuove».
8) L’ultima volta che ha pianto?
«Piango ogni giorno, anche per i cartoni animati».
9) Cosa farebbe se vincesse 100mila euro alla lotteria?
«Shopping sfrenato e una vacanza alle Maldive».
Ultima domanda: qualcuno con cui le sarebbe piaciuto andare a cena?
«Lucio Battisti. Gli avrei chiesto di scrivere una canzone apposta per me: sarebbe stato il mio grande sogno».




