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Non è l'arena, "così sfrutta Fabrizio Corona": indiscrezione clamorosa su Massimo Giletti, tra poche ore...

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Dicesi "gilettismo" un genere televisivo che vive in bilico sull'ossimoro, che parte da altisonanti dichiarazioni d'intenti sul giornalismo d'inchiesta e approda allo sfogatoio nazionalpopolare più gridato, con in mezzo tutto e il suo contrario (tranne il garantismo di fronte agli imputati). Può anche piacere, intendiamoci, del resto c'è a chi piace la birra analcolica. Quello che vorremmo sommessamente dire all'inventore di cotanto genere, Giletti Massimo, è che fuori esiste un mondo, non sempre comprimibile nel recinto del gilettismo. Massimo Giletti e Fabrizio Corona a "Non è l'Arena" Ad esempio, esistono le esistenze spezzate, in balìa di loro stesse, involute nella perenne rappresentazione di un ruolo a cui si sono autocondannate. 

 

E non è propriamente commendevole, fare di queste vite incartate il materiale di combustione per alimentare lo spettacolo (?) sempre uguale a se stesso, quello che va in onda stasera su La7 col nome di Non è l'Arena. Se poi la persona resa pretesto per la convocazione odierna dello show è qualcuno che nel passato recente ti ha aiutato a montare lo show medesimo, l'opportunità di contemplare, per una volta, un minimo di tatto mediatico, dovrebbe tramutarsi in obbligo. Invece, la puntatona di oggi è stata annunciata con trailer urlatissimo su «uno dei personaggi più controversi d'Italia»: Fabrizio Corona, che torna in carcere dopo che il tribunale di Sorveglianza di Milano ha revocato la detenzione domiciliare. 

Ovviamente si promettono «immagini durissime e polemiche», altrimenti non sarebbe arena gilettiana, e figuratevi se qui facciamo le verginelle, però di fronte alla scena di Corona che si cosparge il viso di sangue alla notizia del provvedimento biascicando «questo è solo l'inizio!», o al suo vocale che da un'altra realtà assicura «io sono Dio!», insomma di fronte all'utilizzo smaccato di una individualità che ha perso il controllo di sé per chiamare i telespettaori al clic sul tasto 7 del telecomando, sale qualcosa di molto peggio dell'indignazione, sale un'irresistibile malinconia. Aggravata dal fatto che il (già) Furbizio ha costituito un'importante risorsa per il gilettismo, ad esempio, applicato al caso Genovese. 

 

Non solo in quanto autorità indiscussa sulle notti bianche del sottobosco vippettaro milanese, non solo con ospitate in teoria non consentite (che senz' altro sono tra le mattane che hanno irritato una magistratura che non vedeva l'ora di irritarsi), ma anche come consulente professionale di due delle presunte vittime dell'imprenditore, due ragazze che appunto hanno fornito la propria testimonianza ai microfoni di Non è l'arena. Che ora questo dramma umano periferico diventi il fiammifero per appiccare l'incendio-tv di giornata, con tanto di presenza della sofferente mamma Gabriella in studio, non pare edificante, per alludere eufemisticamente. Ma Giletti lo direbbe in altro modo, e allora prendiamo a prestito il suo linguaggio per rivolgergli una preghiera: non banchettiamo, stasera, da avvoltoi sul caso-Corona.

 

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