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Covid, da CartaBianca al "buffone" Capezzone: talk-show come pollai, impazzano le telerisse

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Gianluca Veneziani
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Sarà un trucco per fare audience o un riflesso del clima di scontro acceso nel Paese. Di sicuro imbarazza, mentre ancora impazza l'emergenza Covid, assistere al teatrino tv in cui le posizioni opposte su vaccini e Green Pass si fronteggiano. Le immagini di telerissa cui assistiamo nei talk show (dovrebbero chiamarli shout show, programmi in cui si grida) appaiono offensive non solo verso gli spettatori che gradirebbero capire qualcosa anziché essere travolti da urla, ma anche verso le persone che soffrono per la pandemia e si indignano nel vedere la tragedia ridotta in farsa. L'ultimo episodio di singolar tenzone a favor di telecamera è andato in onda l'altro ieri a Cartabianca: a scontrarsi c'erano il tuttologo Andrea Scanzi, firma, voce, volto e orecchino del Fatto Quotidiano, e il prof di Comunicazione sociale Alberto Contri.

 

 

Nell'epica sfida Scanzi contro Contri, quest'ultimo, scettico sul vaccino per tutti, teorizzava, chissà su quale base scientifica, che «questa non è una pandemia, ma una sindemia. Una patologia che prende soprattutto gli anziani e quindi bisogna vaccinare i più deboli» e non i giovani. Scanzi replicava che «uno così non sa niente di scienza. Non sa neppure dov'è adesso». Al di là del merito, sconcertavano gli epiteti che i due si scambiavano. Per fare un bestiario delle frasi peggiori, da Contri volavano ai danni di Scanzi frasi tipo «cretino, tu dici schifezze, ti metto sotto il tacco, sei ridicolo, stupido, mascalzone, imbecille». Dall'altra parte, fioccava un florilegio di complimenti quali: «Hai i neuroni di un cercopiteco, ti metto in tasca, vai a zappare, bollito».

Il siparietto finiva col prof che lasciava lo studio, e promesse incrociate di denunce, con Contri che minacciava di querelare Scanzi, e Antonio Caprarica, a sua volta attaccato da Contri, che annunciava di voler denunciare il prof. Non restava che cambiare canale. Ma il clima da rissa attecchisce ovunque, anche nei programmi migliori. Lunedì a Quarta Repubblica gli spettatori hanno assistito alle botte da orbi tra Daniele Capezzone, opinionista de La Verità, e Claudio Cerasa, direttore del Foglio. L'occasione della baruffa era la necessità o meno di prorogare lo stato di emergenza. «Misura naturale», secondo Cerasa. Mentre per Capezzone è una delle forme in cui si manifesta «il clima di terrore creato dal governo», dissuadendo «11 milioni di italiani dal prenotare le vacanze». Il dibattito pareva civile fino all'affondo di Capezzone: «Vedi, Cerasa, ci sono tanti italiani che non hanno il finanziamento pubblico». L'allusione al sostegno statale ricevuto dal Foglio faceva sbroccare Cerasa: «Vergogna, stai zitto, buffone!».

 

 

Un confronto su temi di interesse pubblico si riduceva a insulti e attacchi personali. Sembra ormai la prassi di questi duelli. Ne sanno qualcosa anche il giornalista David Parenzo e il prof di filosofia Andrea Zhok, noto per le posizioni No Green Pass. L'altro ieri a DiMartedì Parenzo attaccava Zhok in merito alla sua difesa della libertà di non vaccinarsi: «Errare è umano ma perseverare è diabolico. La società non è fatta di monadi che non interagiscono», gli diceva. A quel punto Zhok si infuriava: «Non mi spieghi la teoria dell'intersoggettività». Parenzo lo provocava: «Le serve un piccolo ripasso». E l'altro: «Dai, ciccio, stia al suo posto». Al vedere queste scene rimpiangi le discussioni tra virologi che almeno qualche competenza sul Covid ce l'avevano. E viene il sospetto che il muro contro muro non si limiti ad amplificare la divisione tra Pro Vax e No Vax nella società, ma contribuisca ad alimentarla. Con toni degni di un pollaio (e ci scusino i polli).

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