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Raffaella Carrà, la doppia vita della star: quello che pochi sapevano

Daniele Priori
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Raffa è la nuova “santa arcobaleno” protettrice della Disney. La Carrà (televisivamente mai morta) torna a brillare ancora una volta come la stella cometa (che è stata) per tutto il mondo dello spettacolo e non solo. Lo fa in questi giorni semifestivi, tra Natale e Capodanno, sugli schermi degli abbonati alla piattaforma Disney + grazie alla prima docuserie originale in tre puntate da un’ora l’una firmata dal regista Daniele Luchetti.

La serie volge sapientemente dal bianco e nero al colore, seguendo le varie sfumature cromatiche della biografia della diva, mantenendo come tratto unitario il doppio registro insito in profondità nella storia di Raffa. Pelloni e Carrà. I due cognomi attraverso i quali la serie indaga con delicata curiosità sull’intera vita della diva, calcando forse un po’ troppo la mano solo sull’immaginario che ha reso la Carrà icona della comunità lgbt. Qualcosa avvenuto per una scelta di puro amore dalla popolazione rainbow che la stessa Raffaella ha più volte detto di non essersi mai spiegata del tutto. Lasciando fare, però, come era nel suo stile di diva generosa e polimorfa. Che tanto concedeva alla Carrà quanto poco, l’essenziale, teneva per la Pelloni.

Aspetti questi ultimi trapelati soprattutto attraverso le parole del nipote Matteo e della tata che l’ha accudita da piccola. Un carattere forte, quello della Pelloni, così simile a quello della mamma Iris che l’aveva cresciuta da sola. Una corazza nella quale, fuori dalle scene, Raffaella era capace di scomparire. Una dote quasi incredibile la sua forza. Nella resistenza al lavoro, così come nella coriacea volontà esaudita di nascondere a tutti i suoi ultimi mesi di convivenza con una malattia vissuta nell’ombra e nel riserbo più assoluto. Nessuno tra i tanti amici intervistati (da Fiorello a Tiziano Ferro, fino a Renzo Arbore) ha capito bene se in quella scelta a prevalere sia stato, in realtà, lo spirito di profonda riservatezza oppure la volontà di non offuscare nemmeno per un istante l’alone da sogno della Carrà.

Una magia che vive tra tanta musica e tanto silenzio, tanta libertà, come detto, anche di lasciare interpretare agli altri, ognuno a modo proprio, il suo stesso personaggio. Una scelta grazie alla quale la Carrà ha continuato come a moltiplicarsi all’infinito. Riuscendo addirittura a tenere insieme l’immagine della semplicità e un inevitabile divismo che, però, riusciva a nascondere dietro la simpatia, la risata contagiosa, il caschetto biondo.

A HOLLYWOOD CON FRANK
I simboli per eccellenza di una italiana che non ha mai conosciuto confini: sbarcando prima giovanissima a Hollywood dove ha incontrato e lavorato al fianco di Frank Sinatra. Poi a 30 anni in Spagna dove, idealmente, grazie al suo varietà al quale tutto era consentito, ha contribuito a portare la società iberica fuori dalla dittatura franchista che, proprio a metà anni Settanta, quando Raffa arrivava sugli schermi delle tv spagnole, cedeva il passo alla democrazia. Una luccicanza, quella di Raffa - per dirla con le parole dello stilista dei sogni della Carrà, Luca Sabatelli, scomparso a sua volta un mese fa che non mancava di cedere il passo al silenzio del buen retiro di Porto Santo Stefano, all’Argentario, dove ha voluto essere sepolta. Luogo che la docuserie ripercorre coi passi silenziosi di Sergio Japino, il compagno storico. Forse davvero l’unico che ha potuto osservare il punto di incontro perfetto tra la Pelloni e la Carrà. Tra la meravigliosa naturalezza di una donna forte quanto solitaria e l’immortalità di un mito “di tutti”.

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