Bastano pochi secondi a Ginevra Bompiani per mostrare la lente deformata attraverso cui l’intellighenzia di sinistra guarda la realtà spiegandola, per giunta, a tutti gli altri. Ospite di Nicola Porro a Quarta repubblica, su Rete 4, l’intellettuale di riferimento della sinistra antifascista e perennemente indignata affronta la questione Passaggio al Bosco (la casa editrice presente alla fiera romana Più Libri Più Liberi accusata di essere neofascista e neonazista) con parecchie certezze in tasca. Forse troppe.
La protesta dei circoletti rossi si è trasformata in una petizione per chiederne l’esclusione dall’evento. Risultato? La piccola casa editrice è rimasta al suo posto e ha registrato record di vendite oltre che una pubblicità enorme e totalmente gratuita. Il più classico dei boomerang. Ma lei tiene duro: «Il fascismo è un reato. Lo dovrebbe sapere, lo ha detto la Costituzione italiana- spiega rispondendo a Pigi Battista -. Sono confortata dal fatto che lo dice anche Zagrebelsky e quindi dal punto di vista giuridico mi sento più tranquilla: quello che è successo alla fiera non è un atto di censura, questo lo dice Zagrebelsky, non è un atto di censura, perché la censura è impedire a qualcuno di parlare, di scrivere o di pubblicare nel paese in cui vive, ma se io a casa mia non voglio invitare il signor non so come si chiama, non lo invito e se lui si presenta a casa mia e io non lo so...».
L'aria che tira, Fausto Bertinotti e le nostalgie sovietiche
Alla fine è sempre, solo colpa del Trumpismo. Anche se si parla di Russia. A L’Aria che tira, su La7, David...Battista, giustamente sconcertato, la interrompe e obietta: «Qual è casa sua?». «La mia casa personale», risponde un po’ stranita la Bompiani. «In questo caso qual è casa sua?», insiste il giornalista. «Era un esempio che ha fatto Zagrebelsky, quindi mi lasci parlare», balbetta la Bompiani, che sembra non capacitarsi del fatto che qualcuno osi mettere in dubbio questo assunto. «Allora la fiera dei piccoli e medi editori è una fiera privata creata da un gruppo di piccoli e medi editori nel 2002 e finanziata anche da soldi pubblici ma essenzialmente da l’AIE, dall’associazione italiana editori, è diretta da loro». Ed essendo l’editoria storicamente un feudo economico, culturale e politico dei progressisti, ecco confermato il traballante sillogismo: è “cosa loro” e guai a chi gliela tocca.




