Venezia: 30 anni di storia a 60 metri d'altezza In 'Patria' di Felice Farina (2)
Nell'arco di una notte, abbandonati da tutti, nella disperata attesa che arrivi qualche giornalista, i tre protagonisti, con punti di vista molto diversi sul mondo, ripercorrono gli ultimi trent'anni della vita del Paese, gli anni che li hanno portati su quella torre pericolosa. Anni di occasioni sprecate, di speranze tradite, di crimini e stragi, di ribaltoni e giochi di potere. Li rivede anche il pubblico questi anni attraverso il montaggio del materiale d'archivio. "Il libro da cui è nata l'idea del film l'ho comprato appena uscito -racconta il regista, Felice Farina- citato in un'ennesima serata di discussioni sull'anomalia politica berlusconiana. Le perplessità si stavano facendo universali, così come la sensazione di un cambiamento ormai irrimediabile; molti riflettevano su cosa fosse successo. Il bisogno di raccontare in qualche modo il Paese si è condensato d'istinto nelle emozioni della lettura, nel racconto di trent'anni di turbinosi cambiamenti che cercano di rispondere alla domanda che i due protagonisti si pongono all'inizio del film: 'come siamo finiti così?'. "Un arco di tempo così denso di fatti importanti non si può raccontare nel tempo di un film: questo era l'ostacolo da superare -prosegue farina- Ho tradito le forme del documentario con un esperimento, inseguendo la memoria di un film amato, che è 'Hiroshima mon amour' di Resnais: quel modo di legare i frammenti di repertorio allo svolgersi di un racconto presente, quel fonderli in una sola cosa sincronizzando le emozioni della Storia a quelle dell'azione scenica. Il risultato è indefinito, come indefinito è l'oceano di ombre e luci della memoria. Durante il montaggio abbiamo scelto di affidarci sempre più a questo movimento, evitando di attribuire ai personaggi ricordi o evocazioni, e ricercando invece le emozioni possibili perché fossero queste ultime a rivelare il racconto".