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Salma Hayek: "Weinstein il mio mostro"

Lo scandalo

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Roma, 14 dic. (AdnKronos) - "Harvey Weinstein era un cinefilo appassionato, un uomo che amava il rischio, un padre amorevole e un mostro. Per anni è stato il mio mostro". Inizia così la lunga lettera che Salma Hayek ha affidato alle colonne del 'New York Times', rompendo il silenzio sul caso delle molestie sessuali nel mondo del cinema. Nel suo racconto, l'attrice messicana parla del rapporto con il mogul hollywoodiano che risale al 2002, ai tempi della lavorazione della pellicola 'Frida', in cui l'attrice veste i panni della pittrice messicana Frida Kahlo. "Questo autunno sono stata avvicinata da alcuni giornalisti, che mi hanno contattata tramite diverse fonti, inclusa la mia cara amica Ashley Judd - afferma Hayek - per parlare di un episodio della mia vita con il quale, nonostante sia stato doloroso, pensavo di aver fatto pace. Mi ero fatta il lavaggio del cervello pensando che fosse finita e che ero sopravvissuta. Non ho parlato, nascondendomi dietro la scusa che già molte persone avevano fatto luce sul mio mostro. Credevo che la mia voce non fosse importante, che non avrebbe fatto la differenza". La lettera di Hayek prosegue con il racconto del suo percorso nel mondo del cinema, dal ruolo in una soap opera messicana fino ai primi passi mossi a Hollywood, a partire dai film 'Desperado' e 'Mela e tequila'. "In quegli anni - scrive l'attrice - Weinstein era diventato una specie di mago di una nuova era del cinema che metteva contenuti originali nel mainstream". "Al tempo stesso - prosegue Hayek - era inimmaginabile per un'attrice messicana aspirare a un posto a Hollywood. Io ero nessuno". L'attrice spiega che uno dei motivi che la convinsero a non gettare la spugna fu la storia di Frida Kahlo. "La mia più grande ambizione era raccontare la sua storia - spiega - divenne la mia missione raccontare la vita di questa straordinaria artista e mostrare un'immagine del mio paese natio che abbattesse gli stereotipi". In Weinstein l'attrice vide la figura ideale per produrre quel film. "L'impero di Weinstein, che era la Miramax, era sinonimo di qualità e sofisticatezza - continua Hayek - un paradiso per gli artisti che erano complessi e provocatori. Ed era tutto quello che Frida rappresentava per me". Hayek conosce Weinstein tramite il regista Robert Rodriguez e la produttrice Elizabeth Avellan, che allora era sua moglie, e con la quale aveva realizzato diversi film. "Mi avevano preso sotto la loro ala - spiega l'attrice -. All'epoca, tutto ciò che sapevo di Harvey era che era una persona molto intelligente, che era un amico leale e un padre di famiglia. Sapendo quello che so ora, mi chiedo se sia stata la mia amicizia con loro - e Quentin Tarantino e George Clooney - a salvarmi dallo stupro". Secondo quanto scrive Hayek, l'accordo iniziale era che Weinstein avrebbe acquistato i diritti di lavoro che lei aveva già sviluppato. Come attrice, le sarebbe spettata "la retribuzione minima di Screen Actors Guild più il 10%". "Come produttrice - spiega -, avrei ricevuto un credito non definito, ma nessun pagamento, il che non era poi così raro per una produttrice donna negli anni '90". Weinstein stipula poi un accordo con Hayek per realizzare molti altri film con Miramax, "pensavo che avrebbe rafforzato il mio status - racconta -. Non mi importava del denaro. Ero così entusiasta di lavorare con lui e con quella compagnia. Nella mia ingenuità, pensavo che il mio sogno si fosse avverato. Aveva detto di sì. Non sapevo che sarebbe venuto il mio turno di dire di no". "No ad aprirgli la porta a tutte le ore della notte, hotel dopo hotel, luogo dopo luogo, dove si sarebbe presentato inaspettatamente, compresa una location in cui stavo girando un film nel quale non era nemmeno coinvolto - spiega Hayek -. No a fare una doccia con lui, no a farmi guardare fare una doccia, no a un massaggio, no a lasciare che un suo amico nudo mi facesse un massaggio, no a ricevere sesso orale, no ad andare a letto con un'altra donna. No, no, no, no. E a ogni rifiuto seguì la sua rabbia machiavellica". "L'assurdità delle sue richieste - sottolinea l'attrice - passò dalle telefonate furiose nel cuore della notte nelle quali mi chiedeva di licenziare il mio agente al trascinarmi fuori dal galà di apertura del Festival del Cinema di Venezia in onore di 'Frida' per partecipare alla sua festa privata con lui e alcune donne. Pensavo fossero modelle ma mi dissero che erano escort". La gamma delle tattiche di persuasione di Weinstein, scrive Hayek, variava "dalle parole dolci a un attacco di rabbia, nel quale mi disse: 'Ti ucciderò, non pensare che non possa farlo'". Un giorno, il produttore le disse che aveva offerto il suo ruolo e la sua sceneggiatura a un'altra attrice. "Ai suoi occhi, non ero un'artista - dice Hayek -. Non ero nemmeno una persona. Ero una cosa, un corpo". A quel punto, l'attrice ricorre agli avvocati, "non perseguendo un caso di molestie sessuali - spiega - ma rivendicando 'malafede', dato che avevo lavorato così duramente per un film che non intendeva più vendere". L'attrice venne aiutata da "un esercito di angeli che venne in mio soccorso, tra cui Edward Norton, che ha riscritto magnificamente la sceneggiatura più volte e che non ha mai voluto credito, e la mia amica Margaret Perenchio, una produttrice che trovò i soldi. Julie Taymor accettò di dirigere e per gli altri ruoli, reclutai i miei amici Antonio Banderas, Edward Norton e Ashley Judd. Ancora oggi non so come convinsi Geoffrey Rush, che all'epoca conoscevo a malapena". "Harvey Weinstein non solo era stato rifiutato, ma stava anche facendo un film che non voleva fare - scrive ancora l'attrice -. Ironia della sorte, una volta iniziate le riprese, le molestie sessuali si interruppero, ma la rabbia aumentò. Pagammo il prezzo per tenergli testa quasi ogni giorno di riprese. Una volta, in un'intervista, disse che Julie ed io eravamo le più grosse rompiballe che avesse mai incontrato. A metà riprese si presentò sul set e si lamentò delle sopracciglia di Frida. Chiese a tutti di uscire dalla stanza, tranne me. Mi disse che l'unica cosa che avevo era il mio sex appeal e che nel film non c'era. Così mi minacciò di interrompere le riprese perché nessuno avrebbe voluto vedermi in quel ruolo". L'attrice ammette che "persa in una sorta di sindrome di Stoccolma, volevo che mi vedesse come un'artista (...), speravo che mi riconoscesse come produttrice". Hayek negozia con il governo messicano per girare in luoghi che non erano mai stati utilizzati da nessuno in passato, incluse le case di Frida Kahlo e le pitture murali del marito di Kahlo, Diego Rivera. "Ma tutto ciò non sembrava avere alcun valore per lui - rimarca -. L'unica cosa che Weinstein notava era che non ero abbastanza sexy nel film. Mi fece dubitare di essere una brava attrice. Mi disse che mi avrebbe lasciato finire il film se avessi accettato di fare una scena di sesso con un'altra donna. E chiese un nudo frontale. Voleva più pelle, più sesso". La regista lo convinse a concludere con un tango e un bacio. Hayek accettò di girare la scena ma arrivata sul set "per la prima e ultima volta nella mia carriera ebbi un esaurimento nervoso - spiega - il mio corpo cominciò a tremare in modo incontrollabile, non respiravo". L'attrice è nella morsa di lacrime e convulsioni, prende un tranquillante, sta male. "Nessuno sapeva quello che avevo passato con Harvey - osserva - Non stavo male perché sarei dovuta rimanere nuda con un'altra donna. Ma perché sarei stata nuda con lei per Harvey Weinstein". Alla fine il film viene realizzato e vince due Oscar. Da allora Weinstein "non mi ha mai più offerto un ruolo da protagonista in un film - dice Hayek -. Quelli che ero obbligata a fare per via dell'accordo originale con Miramax erano tutti ruoli secondari". Qualche anno più tardi i due si incontrano a un evento. "Mi disse che aveva smesso di fumare e che aveva avuto un infarto - sottolinea Hayek -. Disse che si era innamorato e sposato con Georgina Chapman, che era cambiato. Alla fine, mi disse: 'Hai fatto bene con 'Frida', abbiamo fatto un bel film'"."Gli credetti - afferma l'attrice -. Harvey non avrebbe mai saputo quanto significassero quelle parole per me. Non avrebbe mai saputo quanto mi avesse ferita. Non gli ho mai mostrato quanto mi facesse paura". "Finché non ci sarà uguaglianza nel nostro settore - conclude Hayek - con uomini e donne che hanno lo stesso valore, la nostra comunità continuerà a essere un terreno fertile per i predatori. Spero che unendo la mia voce al coro di chi sta finalmente parlando, verrà fatta luce sul perché sia ​​così difficile parlare, e sul perché tante donne hanno aspettato così a lungo".

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