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Nuoto, Stefano Morini, l'allenatore di Paltrinieri: "La forza di Greg e dei miei ragazzi? L'intelligenza"

Giulio Bucchi
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Stefano Morini, allenatore di lungo corso. Il nuoto, il divertimento, il caso che ci mette lo zampino. Senti il suo nome e pensi alla coppia scoppiettante Detti-Paltrinieri, con l'oro mondiale del secondo che ancora luccica negli occhi. Il tecnico livornese ora di base ad Ostia vive di curiosità e semina per il futuro, guarda a Rio ma non solo. Tiene il passo coi tempi grazie e assieme ai suoi ragazzi: loro sono sempre più protagonisti, lui resta nell'ombra con lo stesso entusiasmo. Intelligenza è la parola chiave, la ripete più volte in una chiacchierata rubata alle sue vacanze. Crescita, confronto, senza dimenticare l'aiuto reciproco. Pochi giorni e si riparte, con il quadernino di una vita su cui segnare ogni allenamento e senza mancare di sottolineare la differenza tra prestazione pura e medaglia perché "la tensione nei momenti che contano è diversa. Lo insegna Federica Pellegrini che a Vichy è stata più veloce, ma è stata più brava a Kazan, dove in gare di tre turni per pochi centesimi si è fuori". È finita la stagione pre-olimpica, il suo bilancio?   "Sono molto soddisfatto. Abbiamo un occhio a Rio ma ogni anno ha il suo obiettivo da centrare, utile anche come riscontro del lavoro svolto e per eventuali correzioni. Questo era il mondiale e, a parte gli infortuni che hanno condizionato Martina Caramignoli e Gabriele Detti, sono contento. Bene Gregorio Paltrinieri, ma pure Diletta Carli, che tra le difficoltà di Dicembre e la maturità è riuscita comunque a migliorare le sue prestazioni ed entrare in finale nei 400m stile libero".  Gabriele e la stessa Martina hanno dimostrato comunque di avere nelle braccia buone condizioni. Ci saranno conseguenze nella preparazione prossima a partire?  "Non credo. Il 7 settembre ripartiremo dopo un paio di settimane di pausa senza problemi. Ovviamente gli atleti non dovrebbero ammalarsi mai, soprattutto nei periodi più importanti. Martina ha dovuto rincorrere la qualificazione e i programmi sono saltati. Detti ha dovuto rinunciare proprio alla competizione e non è stato semplice. Del resto, uno come lui oramai non va più solo per partecipare, ma per giocarsi qualcosa di importante ed è necessario essere al top".  Al centro federale di Ostia ha costruito un gruppo affiatato e i frutti sono sotto gli occhi di tutti. Come si gestiscono le varie problematiche derivanti dall'eterogeneità di esigenze e rendimento?  "Innanzitutto la miglior qualità di questi ragazzi è l'intelligenza. Ognuno è conscio di sé stesso e degli eventuali limiti e se ci sono difficoltà si aiutano l'uno con l'altro. È molto importante. Inoltre ho uno staff competente, che ho scelto e di cui mi fido, apprezzato da tutti. Da quest'anno al contributo di fisioterapista, biomeccanico, medico e preparatore atletico si aggiungerà inoltre quello dello psicologo".  Sono molti anni che allena. Come sono cambiati i nuotatori e come sono cambiati gli allenatori?  "I nuotatori hanno la mentalità da professionista fin da ragazzi: a 17 anni possono entrare nel gruppo sportivo, essere indipendenti economicamente e avere obiettivi. Ecco, hanno le idee chiare da subito, sanno cosa vogliono. Noi siamo più o meno gli stessi, i chilometraggi sono simili, curiamo però di più tutti i dettagli, soprattutto gli aspetti tecnici, perché purtroppo non sempre la base posta dalle scuole nuoto è sufficiente".  Vista la sua ampia esperienza, quali sono i momenti che più ricorda del suo percorso professionale, in quanto particolarmente significativi?  "Ho raccontato un sacco di volte che mi sono ritrovato allenatore per caso. Sono stato fortunato, perché, subito ad alto livello, con la mia macchinetta sono andato in giro per l'Italia e per il mondo ad apprendere e imparare dai migliori. Nel 1987 a Stanford in California mi alzavo alle 4.30 del mattino e in vasca vedevo decine di medaglie olimpiche di Los Angeles. Dopo trent'anni ancora scrivo sul mio quadernino ogni seduta che svolgo. Però Alberto Castagnetti è stato una figura particolare: ero il suo secondo, ma c'era un confronto e uno scambio di vedute che ha significato molto in termini di crescita. Ogni tanto ci siamo pure “scontrati”, però ho fatto miei tanti insegnamenti, rielaborandoli".  E dopo tanto tempo, è ancora qui.  "Già, ma io mi diverto, mi diverto da morire. Mi piace lavorare con i giovani, mi mantengo anche moderno (ride). Certo, gli alti e bassi non mancano, vivo lontano dalla famiglia e non è semplice. Quando però entro i piscina con i miei cronometri e vedo i ragazzi ogni fatica scompare".  Tornando appunto ai ragazzi. Quali saranno le tappe verso Rio? "Faremo tre alture, la prima a Livigno in vasca corta dal 30 Settembre. Poi in America o Messico a Febbraio, cui seguiranno dei giorni a Miami, Infine dal 28 maggio al 18 giugno in Spagna a Sierra Nevada. Nel frattempo parteciperemo agli Europei in vasca corta e ai campionati invernali a Riccione a Dicembre, quindi meeting di Milano e selezioni primaverili ad Aprile, Europei in vasca lunga a Maggio e Sette Colli. L'anno sarà caratterizzato da un aumento progressivo di volumi e intensità di carico rispetto ai precedenti per arrivare pronti al 28 luglio, partenza per il Brasile".  Concludendo, non possiamo non fare un accenno a Gregorio Paltrinieri. Rispetto agli avversari, quale è il suo punto di forza? "Il punto di forza di Gregorio è un connubio di fattori, ovvero un bel nuoto malgrado qualche pecca tecnica, un motore organico buonissimo e un'intelligenza straordinaria. Studia gli avversari, si confronta, parla bene l'inglese e, come dicevo prima, sa esattamente cosa vuole". di Giulia Volponi

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