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Atletica italiana a picco, Fiona May brutale: "Quelli ridono, io mi vergognerei"

Giulio Bucchi
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"Loro sorridono, io mi vergognerei". A 47 anni, Fiona May non ha perso un grammo della rabbia agonistica che dimostrava a Olimpiadi e Mondiali. La due volte campionessa del mondo di salto in lungo, inglese di nascita ma ormai italianissima, intervistata dalla Gazzetta dello Sport demolisce punto per punto il sistema-atletica italiano, all'indomani dei fallimentari Mondiali di Londra. "Abbiamo toccato davvero il fondo. Una volta facevamo la corsa su Francia e Polonia, oggi non le vediamo più e siamo sistematicamente superati dall'Olanda e ora perfino dal Belgio. Mi piange il cuore, ma da quanto tempo ci diciamo sempre le stesse, identiche cose? Dieci anni? No, forse addirittura 15...". Inutile sperare negli exploit di campioni isolati come Tamberi o la Palmisano, occorre ricostruire la Federazione e l'organizzazione. E ricostruire soprattutto la mentalità degli atleti: "Perché dobbiamo consentire a chi puntualmente si rivela mediocre di allenarsi dove vuole? È ora di finirla con questo atteggiamento, per diventare campioni bisogna essere disposti a fare i sacrifici che ho fatto io o che oggi vedo fare a mia figlia Larissa. Ci vuole più grinta, in pista bisogna mettere anche un po' di palle. Me la prendo con gli atleti che vanno ai Mondiali e sono soddisfatti di aver superato un turno, arrivano alle interviste tutti sorridenti. È incredibile, io al loro posto mi vergognerei! Ma l'errore è di chi li fa andare ai Mondiali...". La ricetta della May è brutale: "Hai talento per emergere? Ti seguo e ti sostengo, investo su di te. Non ce l'hai e nel passaggio da giovane a senior non migliori? Arrivederci e grazie. Se concentriamo le risorse sui migliori giovani che abbiamo, forse li aiuteremo a diventare dei campioni O forse vogliamo continuare ad investire sui quarantenni che al massimo con un miracolo ottengono una finale?".

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