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Atalanta, dalle cessioni incassa 142 milioni in due anni: perché deve ringraziare Gasperini

Davide Locano
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Per diventare grande, l'Atalanta ha scelto la strada meno illuminata, la più difficile, ma come ogni percorso ostico, se non uccide, alla fine fortifica. Anziché tenere in rosa i giocatori migliori, la Dea ogni anno li vende per guadagnare il più possibile, accettando il rischio di non avere una squadra dello stesso livello l'anno successivo. È un modello azzardato, ma una volta avviato diventa virtuoso. Per svilupparlo serve materiale grezzo, adatto a subire la lavorazione di Gasperini, che ne può accrescere il valore. Tradotto: giocatori under 30 comprati a basso costo o prodotti del vivaio, come il 19enne Barrow, da valorizzare, sia per raggiungere gli obiettivi sportivi che per garantire introiti al club tramite le cessioni. Non a caso l'ultimo arrivato è lo sconosciuto Reca, 22enne esterno del Wisla Plock per 4 milioni, e i prossimi potrebbero essere Tumminello (19 anni, dalla Roma), Brignola (18, ma il Benevento chiede ben 15 milioni) e Di Francesco (23, dal Bologna). L'idea è abbinare questi giovanissimi con giocatori da rivalutare, come Pavoletti (29, del Cagliari), Soriano (27, del Villarreal), Rodrigo Battaglia (26, dello Sporting Lisbona), o “sua eccellenza” Balotelli (27, dal Nizza). L'ultimo prodotto della filiera è Cristante (23), acquistato per 5 milioni dal Benfica e ceduto alla Roma per 30 milioni (tra prestito, riscatto e bonus): per l'Atalanta, la stagione da 12 gol e 4 assist è stata l'apice di rendimento, quindi era giunto il momento di vendere. Come fu per Kessié e Conti (al Milan, per 52 milioni), Gagliardini (all'Inter per 22 milioni) e Caldara (alla Juve per 15 milioni più 4 di bonus). Considerando anche le cessioni di Cigarini, De Roon, Brivio e Boakye (nel 2016/17, in totale 20 milioni), Bastoni (8 milioni dall'Inter), Kurtic e Paloschi (11 milioni dalla Spal), l'incasso della Dea nelle ultime due stagioni tocca quota 162 milioni, a fronte di 67 milioni spesi per gli acquisti, meno della metà. Eppure la squadra non è peggiorata, anzi, ha conquistato due storiche Europa League. È la certificazione del metodo: l'Atalanta guadagna, e nel frattempo si fa grande. di Claudio Savelli

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