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Daniele De Rossi peggio di Totti: il drammatico errore della Roma: come buttare via una bandiera

Giulio Bucchi
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È possibile gestire l' addio di un campione e di una bandiera peggio di come la Roma ha fatto due anni fa con Francesco Totti? Nessuno che ha il coraggio di prendere una decisione, Spalletti (l' allenatore dell' epoca) che battibecca un giorno sì e l' altro pure con il mostro sacro in partenza, la moglie di Totti, Ilary, che entra in campo e definisce «piccolo uomo» l' allenatore di cui sopra, che "poveraccio" a un certo punto è praticamente costretto a scappare dalla Capitale e a rifugiarsi sui Navigli, sponda Inter. Insomma, è possibile una gestione più scriteriata di così? Sentitasi chiamata in causa, la stessa società di due anni fa, l' As Roma della gestione americana, ha voluto dare una risposta al quesito dimostrando con i fatti che sì è possibile, che al peggio non c' è mai limite. E infatti ha preso in mano l' altra pratica, l' addio di Capitan futuro (perché il presente era Totti), il quasi trentaseienne Daniele De Rossi. I numeri - Diciotto anni, 615 presenze e 63 reti sempre con la stessa maglia. Uno talmente tanto innamorato dei colori giallorossi da dire che ha avuto un unico rimpianto, «quello di poter donare alla Roma una carriera sola». Uno che all' apice della carriera - nell' estate del 2011 era considerato tra i primi tre centrocampisti centrali al mondo - rifiutò un contratto da 9 milioni all' anno offerto dal Manchester City di Mancini. Beh se hai il privilegio di avere in rosa uno così - seppur a fine carriera - cosa fai? Magari gli parli. Capisci le sue intenzioni. Cerchi di trovare un compromesso. Attenzioni normali da dedicare a chi merita rispetto. E infatti l' azienda Roma - come l' ha definita più volte ieri il Ceo Guido Fienga - si è comportata esattamente nel modo opposto. «Mi è dispiaciuto - ha spiegato De Rossi in un' affollatissima conferenza stampa - che con la società ci siamo parlati poco quest' anno, ma a volte le distanze creano incomprensioni di questo genere, spero che la società migliori in questo...». «Ho 36 anni - ha ricordato - e se nessuno ti chiama per un anno... io ringrazio l' ad per l' offerta (da dirigente ndr)... ma io mi sento calciatore... Dicono che sono un bravo dirigente: infatti mi sarei rinnovato il contratto». Linguaggi diversi - De Rossi parlava con il cuore. Probabilmente chiedeva di fare un anno ancora sul campo a cifre decisamente più basse rispetto ai 3 netti dell' ultima stagione. Mentre la società discuteva con il portafogli tra le mani e infatti gli ha offerto di passare alla scrivania. Due linguaggi incompatibili. Un autogol clamoroso, anche se si mette da parte la passione e si ragiona solo in aziendalese. Domande: Daniele De Rossi avrebbe potuto dire la sua da calciatore ancora per un anno? Avrebbe potuto svezzare i tanti giovani che passeranno da Trigoria? Avrebbe potuto fare da allenatore in campo per il tecnico che verrà? Risposte: certo. Avrebbe potuto perché al netto degli infortuni Daniele arriva da due ottime stagioni. Avrebbe potuto perché a detta di tutti è considerato il punto di riferimento dei ragazzini che arrivano dalla primavera di papà Alberto. E avrebbe potuto perché è dotato di carisma e intelligenza calcistica. E allora perché la Roma l' ha mollato? Semplice, per errore. L' ennesimo della gestione americana. Che nel 2011 aveva promesso vittorie entro 5 anni e che dopo 8 stagioni ha ottenuto l' unico risultato di far disamorare una delle tifoserie più innamorate d' Italia. A un certo punto andrebbe fatto un bilancio e soprattutto andrebbero tratte delle conseguenze. di Tobia De Stefano

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