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Allegri e Agnelli, la verità di Biasin: "Trattato come una serva, quello che la Juve non ammetterà mai"

Giulio Bucchi
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Si sono lasciati anche Al Bano e Romina Power, figuratevi se non poteva capitare ad Allegri e la Juve. E infatti è successo: alle ore 12.58 di un barboso venerdì il club bianconero ha pubblicato un comunicato succinto e allo stesso tempo devastante: «Massimiliano Allegri non siederà sulla panchina della Juventus nella prossima stagione 2019/2020. L' allenatore e il Presidente, Andrea Agnelli, incontreranno insieme i media in occasione della conferenza stampa, che si terrà domani, sabato 18 maggio, alle ore 14 presso la sala conferenze dell' Allianz Stadium». Saluti e baci. Leggi anche: "Non ci crederete mica? Grossa sorpresa...". Cosa sa Pistocchi sulla Juve e l'addio di Allegri E quindi oggi conosceremo i perché della separazione, ma fin da subito possiamo dire tutta una serie di cose a nostro avviso indiscutibili: la Juventus decide di rinunciare a un «gigante», al tecnico che in 5 stagioni in bianconero ha vinto 5 scudetti, 4 Coppe Italia, 2 Supercoppe italiane. Praticamente tutto quello che si poteva portare a casa in ambito nazionale. Poi, certo, è mancata la Champions, come se conquistarla fosse frutto di un' equazione (compro Ronaldo, vinco il coppone). No, non è così, le «equazioni» il calcio le rigetta e Allegri non è andato oltre due euro-finali. Come se fosse poco. Condizioni non accettate - La Juve rinuncia ad Allegri, non accetta le condizioni poste dal tecnico per proseguire insieme. Eccole. 1) Uno spogliatoio «rinfrescato», con diversi giocatori da allontanare e altrettanti da prendere. 2) Un contratto nuovo, non per forza più oneroso, ma che fosse garante di un' intesa solida non solo a parole. 3) La «protezione» della società sulla faccenda molto televisiva e molto meno concreta sulla questione «quanto è importante il bel calcio». Ecco, Allegri ne aveva piene le mutande di sentir dire «son tutti buoni a vincere lo scudetto con la Juve, ma con quel gioco lì in Europa non si va da nessuna parte» e non avere una voce amica che dicesse «non rompete i maroni, facciamo come ci pare». Ebbene, Agnelli ma soprattutto chi gli sta a fianco (e quindi Nedved e Paratici) piuttosto che trovare un' intesa hanno preferito indicare la via d' uscita. Se ne pentiranno? Avranno ragione loro? Queste cose mica le sappiamo, ma sappiamo che Allegri lascia Torino con tante certezze. La prima: il suo successore difficilmente riuscirà a compiere lo stesso miracolo che ha realizzato lui nel post-Conte, ovvero vincere più di chi l' ha preceduto. gioco al massacro La seconda: quelli che ora portano avanti il tipico e italianissimo "gioco al massacro" («con quella squadra lì, avrei vinto anche io») nel tempo si accorgeranno di quel che ha combinato il fidanzato di Ambra. La terza: dalla prossima stagione il buon Massimiliano potrà scegliere una destinazione dove la Champions sia più "obiettivo" che "obbligo", una destinazione dove la vittoria di un campionato nazionale sarà vista come un vero trionfo e non come "ordinaria amministrazione". Sia chiaro: questo è il grande merito di una squadra fortissima, la Juve, ma contemporaneamente rappresenta la condanna di chiunque finisca ad allenarla. Finisce qui. La Juve sceglie di rischiare e dà il benservito a Max. In tutta onestà lo fece anche quando, un lustro fa, decise di puntare su di lui. All' epoca l' autore di questo articolo scrisse: «La Juventus prende Allegri? Fa una cazzata! A Torino farà malissimo!». Pensa te che topica colossale... di Fabrizio Biasin

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