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Icardi e Inter, fate pace: ecco perché è la scelta più logica

Davide Locano
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Premessa: leggete queste poche righe senza preconcetti («io lo amo e non mi interessa altro», «io lo odio e non mi interessa altro») e, infine, diteci voi se hanno senso oppure no. Fine della premessa. La differenza tra Mauro Icardi e gli altri protagonisti del mondo pallonaro è che lui, nel bene e nel male, non rispetta gli standard del calciatore tipo. Capiamoci, non è «meglio» o «peggio» degli altri, è solo diverso: non beve, non fuma, forse non è mai entrato in una discoteca, non fa tardi la sera, ha due figlie, ne cresce altri tre, passa più tempo con i cani che con gli amici, va a pesca, parla pochissimo, è innamorato, testardo e al guadagno facile (se inseguisse quello, sarebbe già altrove) antepone la serenità e la possibilità di mettere radici. Leggi anche: Inter-Napoli, trattativa per Icardi Insomma, è un 26enne abitudinario e un filo noioso. Queste premesse sembrano inutili e, invece, sono tutto, perché spiegano il suo atteggiamento attuale, ovvero quello dell' esodato nerazzurro che invece di mandare tutti a quel Paese e piazzarsi dove lo vogliono, preferisce insistere e vincere una battaglia che è già persa. Da settimane leggete di Icardi, escluso dall' Inter, che «apre alla Juve», «al Napoli», «alla Roma» e vi sembrerà impossibile ma noi insistiamo: si tratta di chiacchiere. Mauro Icardi, ad oggi, stuzzicato a proposito del suo futuro, ti invita a leggere il post da lui pubblicato lo scorso 17 maggio: «Capisco gli interessi della stampa di vendere notizie false, ma più che chiarire le cose personalmente non posso fare. Ripeto: ho già espresso all' Inter la volontà di rimanere perché l' Inter è la mia famiglia. Il tempo dirà chi ha detto la verità. Forza Inter, sempre». Ora, la situazione tra club e giocatore è chiaramente grottesca, inedita, assolutamente senza senso e non tanto per come è nata e si è sviluppata, ma soprattutto per come non è ancora stata risolta. Qui non ci interessa entrare nei dettagli del caso, delle opinioni parziali e personali, delle cause che hanno portato al declassamento: le colpe saranno probabilmente tutte del giocatore, oppure solo in parte. Non è questo il problema. Il problema è che oggi, a sei mesi dal tweet con cui la società gli tolse la fascia e a meno di un mese dall' inizio del campionato, l' Inter (ovvero il bene ultimo) ha un solo vero attaccante spendibile (Lautaro), alcune difficoltà a recepirne altri «di livello» sul mercato e un bomber da 124 reti che vorrebbe rientrare in gruppo e, invece, è costretto a grattarsi la pera. Questa situazione, in un consesso maturo e formativo che tutti quanti noi abbiamo frequentato, l' asilo, verrebbe affrontato in questa maniera: «Ok, abbiamo litigato, ma ora facciamo Flick-Flock e torniamo a giocare tutti assieme che è una figata». In ambiti meno maturi come quelli calcistici, invece, si preferisce tenere il punto, farne una masochistica questione di principio, si opta - detto terra terra - per l' auto-mazzata sui maroni. Nel consesso maturo e formativo - sempre l' asilo - oggi Mauro Icardi e l' Inter farebbero pace e il club investirebbe 60 milioni per prendere un altro attaccante (Dzeko) e magari un esterno a sinistra. È vero, bisognerebbe dire al mondo intero «abbiamo cambiato idea», ma basterebbe poco: una conferenza ben architettata, due parole dette nel modo giusto da un abile dirigente come Marotta, le scuse del ragazzo per alcune prese di posizione certamente eccessive, una paraculata qualunque. In un attimo Conte avrebbe a disposizione un attaccante che ammira (sì, lo ammira) che a sua volta sarebbe disposto a tutto pur di recuperare il tempo perso. Icardi ha problemi con 3 componenti della rosa (di questo si tratta)? Si risolvono per il bene dell' Inter. La moglie/agente è ingombrante? Si parla pure con lei e si risolve anche quella cosa lì. Si fa in quanto «male minore», si fa per l' Inter. Ogni altra soluzione (la cessione a una diretta concorrente, il «parcheggio» fino a gennaio) sarebbe una tafazzata figlia di una stupida, insensata, paradossale lite di febbraio tra ex tecnico e giocatore, che poteva essere risolta con una tirata d' orecchie e si è trasformata in un bagno di sangue psicologico (sì, ci siamo rotti le balle) oltre che economico. Ha davvero senso andare avanti con l' auto-massacro? All' asilo sarebbero già tutti sui tricicli a divertirsi come matti. di Fabrizio Biasin

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