Scuffet ha la faccia di uno che l’ha vista col binocolo. Ebbene, se ne faccia una ragione, d’ora in avanti dovrà addirittura scacciarla, allontanarla, pararla o buttarla in calcio d’angolo come fa con certi palloni insidiosi. Se stessimo parlando di un adolescente classico, da polluzioni notturne e siti porcherecci sul pc, potrebbe pure diventare un problema, ma qui si discute di un certo Simone Scuffet da Udine, 187 cm per 85 chili, faccia da Garrone del Libro Cuore, istinto felino alla Gigi Buffon, freddezza e muso ingrugnito alla Zoff, doppia «effe» nel cognome come i mammasantissima di cui sopra. Insomma, qui si favella di un predestinato di quelli che quando nascono arrivano i Re Magi a portare oro, incenso e... Mino (inteso come Raiola: si paleserà). Simone Scuffet dovrà scacciarla col badile perché ora è famoso, ha il nome sulle prime pagine dei giornali, ha anche il fisicaccio e presto avrà pure tanto grano da comprarsi la macchina prima ancora di avere la patente B (come tal Niang, ma è tutta un’altra storia). L’Udinese, la società dei geniacci che pescano talenti in Sudamerica, Africa e qualcuno perfino su Atlantide, questo qui se l’è ritrovato sotto casa. Una mezza botta di culo che quasi quasi converrebbe giocare sul cognome e dire «trattasi di promessa scovata in un sobborgo di Bruxelles». Solo che non si può, perché Prandelli ha già fatto partire il corteggiamento come succede in discoteca con certe bonazze da sbarco abbandonate al bancone: l’ha convocato a Coverciano per uno stage di quelli intitolati «l’Italia che verrà» e forse ha persino già cambiato idea. Sai mai che voglia portarlo a Rio per fargli ballare il samba tra un paio di mesi. Se lo meriterebbe (e comunque ha già fatto benissimo al Mondiale Under 17 l’anno scorso). L’Udinese vorrebbe tanto fargli firmare un contratto col sangue, con la ceralacca, con una penna indelebile farcita all’uranio, ma purtroppo deve aspettare, perché il ragazzo al momento non può neanche firmare le giustificazioni sul diario se salta la scuola. Simone Scuffet diventerà maggiorenne il prossimo 31 maggio, a una settimana dalla partenza degli azzurri per il Brasile. Quando è nato Buffon aveva già esordito in serie A. La sua «prima», invece, è datata 1 febbraio 2014. Quel giorno Guidolin era quasi certamente tornato dal catechismo e si è fatto venire l’illuminazione: in campo ci va Simone a 17 anni 8 mesi e 10 giorni (40 giorni più precoce di Buffon) e buonanotte al serbo Brkic e allo sloveno Kelava, predestinati pure loro ma decisamente meno di Simone. Del resto questo qui l’altro giorno ha fatto il fenomeno a San Siro, contro l’Inter, poi ha bissato col Catania e non si è neanche scomposto più di tanto. Per dire: Buffon divenne fenomeno quando parò un rigore a Ronaldo e tirò fuori la maglietta di Superman, Scuffet al massimo ha pensato a papà Fabrizio - ex numero 1 a livello dilettantistico - e al fatto che se sei bravo e pari bene Babbo Natale non ti porta il carbone, ma tanti bei giocattoli. Simone Scuffet non è un pirla e presto allargherà il pozzo del signor Pozzo. Facile pensare che le big faranno a mazzate per portarsi a casa uno che ha la velocità di reazione di un centometrista di quelli bravi. Pensiamo alla Juve che prima o poi avrà bisogno di un nuovo Buffon, pensiamo al Milan che prima o poi avrà bisogno di un portiere, pensiamo soprattutto che se gli arabi o quelli con i soldi si svegliano, il rischio è che lo spilungone lasci il Friuli con destinazione Parigi, Manchester, Madrid o Barcellona. In ogni caso resterà azzurro. E lo vedremo al Mondiale, magari non al prossimo, di sicuro a quello del 2034 che Platini organizzerà sulla Luna. E dovrà scacciarla, anche sulla Luna, altrimenti il rischio è di finire a vivere a casa di Riccardo Grande Stevens. di Fabrizio Biasin