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Schumacher jr è diventato grande: vinto il Mondiale della F2, ora il salto. Poi il "sogno Ferrari"

Federico Strumolo
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Chissà quante volte, nella sua giovane carriera, Mick Schumacher ha dovuto combattere contro chi l'accusava di essere un raccomandato. Facile, dopotutto, quando si parla del figlio della leggenda Michael, uno capace di vincere sette titoli mondiali in Formula 1 (due con la Benetton e cinque con la Ferrari). Per Mick, l'unica strada per togliersi quella fastidiosissima etichetta di dosso è sempre stata una: vincere. E lui, a testa bassa, l'ha fatto. Nel 2018 nella Formula 3 europea e ieri in Formula 2. Nell'ultimo round della stagione in Bahrain, infatti, Schumi Jr. ha conquistato il titolo propedeutico alla F1. Gli è bastato il diciottesimo posto nella gara della domenica, dato che il rivale Callum Ilott (che come Mick fa parte della Ferrari Driver Academy), distante dodici lunghezze in classifica, non è riuscito ad andare a punti, concludendo la gara in decima posizione. «Non ho parole, solo grazie - dice il campione del mondo tedesco appena terminata la gara -. Dedico il campionato al mio team Prema, sono davvero molto emozionato, ci vorrà qualche giorno per realizzare che sono campione in questa categoria. Sono davvero orgoglioso di aver lavorato con persone dalle quali ho imparato molto. Il campionato è stato difficile, tutti erano a un livello altissimo. Mi sono divertito e ho spinto sempre, dall'inizio alla fine. Ho cercato di migliorarmi, insieme alla squadra ed è il motivo per il quale abbiamo vinto». Non c'è dubbio che questo, per il ventunenne, sia il modo migliore per affacciarsi al grande salto tra i grandi della Formula 1, che lo vedrà alla guida della Haas dalla prossima stagione (il compagno sarà il russo Nikita Mazepin, che ha concluso in quinta posizione il campionato di F2). Sia chiaro, quella di Mick sarà una carriera con premesse diverse da quella del padre Michael, dalla quale, peraltro, ha sempre cercato di tenere le distanze.

GAVETTA E COSTANZA
Ne è una dimostrazione la scelta di non utilizzare quel pesantissimo cognome durante la sua infanzia tra i kart. Fino all'età di tredici anni, infatti, Mick e la sua famiglia preferirono utilizzare il cognome Betsch, quello della madre Corinna. Perfino la nazionalità era diversa, dato che Mick, nato a Vufflens-le-Château (comune della Svizzera francese) correva sotto bandiera elvetica. Solo dal 2014, nel campionato tedesco Junior Kart, decise di non nascondere più il suo leggendario nome di famiglia. Quel campionato lo concluse al secondo posto e da lì partì una carriera costellata da ottimi risultati (tra cui due stagioni chiuse in seconda posizione in Formula 4). Anche se, come detto in precedenza, quella di Mick è una storia che vuole essere ben distinta da quella del padre (nonostante, è evidente, quel nome giochi un ruolo di rilievo: è innegabile che riportare il cognome Schumacher in Formula 1 sia anche una straordinaria operazione di marketing). Anche perché i risultati del classe '99 parlano di un ottimo pilota, certo, ma non (ancora) di un prescelto. Non è, per intendersi, uno di quei fenomeni che prende la macchina e da subito la spinge al limite (un Verstappen o un Leclerc, ad esempio). Avrà bisogno di tempo, Mick, per adattarsi alla nuova monoposto ed al livello, ben più alto, della categoria. Emblematica, in questo senso, la sua esperienza in F2. Dove nella prima stagione, il 2019, ha concluso l'anno in dodicesima posizione con un solo podio, la vittoria in Ungheria. Quest' anno, invece, il trionfo grazie ad un rendimento costante, senza straordinari guizzi (solo due vittorie e nessuna pole position), ma con un'eccezionale regolarità: in totale dieci podi (oltre ai due successi, due secondi e sei terzi posti). Insomma, non chiamatelo raccomandato, ma nemmeno predestinato. Per ora.

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