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Antonio Conte, dal punto più basso a una lunghezza dal Milan: uno scudetto da batticuore

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È come se la continuità di una milanese alimentasse la forza dell'altra, come ai vecchi tempi buoni del calcio in città. Ne è prova il Milan che vede l'Inter attraversare il cerchio di fuoco di Verona con i tre punti in mano ma non si fa condizionare, anzi ne trae forza. In poco più di un quarto d'ora è già sul doppio vantaggio con la Lazio. Quest' ultima poi resiste, rimonta e se la gioca finché il Milan non trova il 3-2, in pieno recupero, a riprova della maturità acquisita grazie a Ibrahimovic, così solida da poter resistere anche senza di lui. Milan e Inter chiudono in vetta l'anno con un'ampia distanza di sicurezza da tutte le grandi rivali. Non impressione il fatto che siano le migliori ma la naturalezza con cui consolidano il primato. 

L'Inter la dimostra vincendo (2-1) la settima partita consecutiva in semplicità. Sarebbe banale non fosse stata ospite del Verona, una squadra che semina dubbi negli avversari come se fosse un virus subdolo. La crescita è sempre più evidente e coincide con l'uscita dalla Champions. In due settimane, Conte è passato dal punto più basso della sua gestione alla vetta del campionato. Non può essere un caso, anche se il tecnico sostiene il contrario. Forse la preparazione dei due impegni cancella l'idea di missione da compiere su cui si basa la sua dialettica con i giocatori. Così l'Europa diventa una specie di criptonite all'effetto-Conte. Risolto il "problema", l'Inter si è sistemata con una formazione "da campionato", più brutta ma pratica, e ha trovato la sua strada. L'impressione comunque è che la forza dei nerazzurri si moltiplichi vedendo il percorso dei rossoneri. 

Può essersi creata una sorta di coalizione a distanza contro la Juve, implicita, non dichiarata né cercata. Il dominio bianconero è stato a lungo l'alibi per la mancata rinascita di Milano e ora inizia a vacillare. Contribuisce anche la pandemia, che ha portato a tutti le stesse difficoltà e appianato le differenze. Si è incastrata con una Juve che ha deciso di cambiare Sarri con Pirlo proprio nell'unico anno senza la preparazione estiva, di fatto senza il tempo necessario per programmare. Visto oggi sembra un errore perché Inter e Milan arrivavano da un anno (o quasi) di Conte e Pioli. Per loro le stagioni si sovrappongono, per la Juve quella in corso è una novità da affrontare improvvisando, ecco perché i punti persi sono ben 11. Al contesto si aggiunge ora il recupero a data da destinarsi, ufficializzato dalla Lega, un peso ancora peggiore di una sconfitta perché è un pensiero che si trascina all'infinito. 

La grande novità è la distanza di Milano rispetto alle rivali, 7 e 6 punti sulla terza, la Roma. È un dislivello amplificato dalla sosta che fortifica chi è davanti e gonfia le perplessità di chi insegue, in particolare di Juve e Napoli, capaci di resuscitare le due squadre più in crisi, Fiorentina e Torino. O quasi: Gattuso evita infatti solo nel recupero il terzo ko consecutivo (1-1), ma deve ora affrontare dubbi che non aveva. Solo i segnali di vita di Roma e Sassuolo (3-2 a Cagliari e alla Samp), reduci dagli alti e bassi che invece riguardano ancora l'Atalanta (rimontata dal Bologna, 2-2), sgonfiano la distanza dalla locomotiva milanese e alimentano l'idea che quest' anno scudetto e lotta Champions coincidono. È un'occasione per tutti e un problema, soprattutto per chi è abituato a vincere: basta poco per ritrovarsi fuori dalle posizioni che contano. 

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