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Doping, sport e cocaina, una svolta sconcertante: via libera alla polvere bianca?

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Dal primo gennaio un atleta beccato positivo alla cocaina (ma anche eroina, ecstasy e cannabis) rischia una squalifica di soli 3 mesi, un mese se dà prova di essersi pentito e partecipa a un programma di recupero. Per la Wada, l'agenzia mondiale anti-doping, l'atleta non deve in alcun modo alterare il risultato della competizione, tutto il resto è lecito. Un cambio epocale: prima con la positività alla cocaina l'atleta poteva essere squalificato fino a 4 anni, ridotta a 2 se l'assunzione era stata fatta lontano dalla gara. Il nuovo impianto normativo è stato varato dalla Wada nel novembre 2019.

 

 

 

 

In un documento la Wada poi indica le cosiddette "substances of abuse ("perché di esse si abusa frequentemente nella società al di fuori del contesto sportivo"): cocaina, diamorfina (eroina), metilenediossimetanfetamina (mdma/ ecstasy), tetraidrocannabinolo (Thc)", scrive Repubblica.  Con queste nuove regole, per fare un esempio, se "dal primo gennaio 2021, se un calciatore di A sniffa cocaina quando manca un minuto alla mezzanotte del sabato, poi gioca domenica a mezzogiorno e al termine del match viene trovato positivo all'antidoping, può cavarsela con un mese, al massimo tre", scrive sempre Repubblica. "La punizione è ridicola, il messaggio etico gravissimo: drogati pure di eroina, rischia la tua vita e quella degli altri; ma guai a te, se prendi steroidi o anabolizzanti. Ma come: i governi di tutto il mondo investono miliardi e strutture nel combattere la produzione e il consumo degli stupefacenti, e poi vengono veicolati questi messaggi?", spiega sconcertato Antonio De Rensis, avvocato noto per aver difeso molti campioni italiani dall'accusa di doping.

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