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Alessia Orro perseguitata dallo stalker: "Cosa mi diceva", il peggiore degli incubi

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Brunella Bolloli
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Il primo contatto fisico è stato un mazzo di fiori a luglio 2019. Alessia Orro era in ritiro con la nazionale italiana di pallavolo ad Alassio, in Liguria, e Angelo Persico, il suo stalker, si è presentato in albergo con le rose in mano. «Ho avuto paura. Era passato a una fase successiva». La palleggiatrice del Vero Volley di Monza racconta a Libero un incubo durato quasi tre anni, finito solo grazie all'intervento dei carabinieri al comando del maggiore Emanuele D'Onofri. Ad aprile i militari, dopo un'attenta attività d'indagine compiuta anche grazie alle telecamere di sorveglianza, hanno colto Persico in flagranza e l'hanno arrestato. Recidivo, il 55enne di Novara, con un passato da tranquillo impiegato di banca, una moglie e una figlia, nel 2017 aveva già preso di mira la commessa di un supermercato ignorando il divieto di avvicinamento emesso dalla questura. Poi aveva scoperto Alessia, la stella del volley nata a Narbolia (Oristano): un metro e 78 di bellezza mista alla potenza e alla precisione del suo palleggio, medaglia d'oro al campionato europeo, tra le migliori al mondo. L'ex professionista novarese aveva deciso che Alessia doveva essere sua. Così ha cominciato a tormentarla, prima con messaggi, poi di persona. Non le dava tregua.


Alessia, partiamo dall'inizio dell'incubo.
«Non ricordo neppure io con precisione quando è iniziato. So solo che ha cominciato a scrivere sui miei profili social, prima Facebook, poi Instagram».

Per lei, giocatrice di serie A e della Nazionale, con un ampio seguito sui social, è parso un tifoso sfegatato?
«In verità i messaggi non avevano niente di sportivo. Scriveva cose come "Ti amo", "Sei bellissima", "Sono pazzo di te", riferimenti sessuali espliciti, e anche se io non rispondevo insisteva, inondava la mia bacheca con decine di messaggi, fino alle minacce. "Se non vieni subito ti disintegro", diceva».

Ha provato a bloccarlo?
«È stato inutile. Bloccavo un profilo e ne apriva subito un altro. I carabinieri mi hanno detto poi di avere contato almeno una trentina di profili intestati a lui, magari cambiava una lettera, aggiungeva un numero, ma alla fine era sempre lui: moltiplicava i profili e riempiva i post di cuori e di richieste pressanti».

Che tipo di richieste?
«Soprattutto richieste di incontri. Era un continuo: "quand'è che ci vediamo?" "Sono qui che ti aspetto". "Non resisto più". "Non farmi aspettare"».


Lei ha pensato: questo qui si è fatto un film.
«Premetto che io non gli ho mai dato confidenza. Non sapevo chi fosse, né che vita avesse. Può capitare che i tifosi ci mandino pupazzetti, fiori, biglietti, ma ogni giorno io mi trovavo al centro delle attenzioni di questa persona in modo esagerato, morboso».

Ha conservato tutti i messaggi?
«Sì, per la denuncia. So che lui ha tentato anche avere il mio numero di cellulare, ma sono riuscita a tenere riservato il mio numero altrimenti sarei impazzita. La persecuzione è stata via social, ma quando ha capito che non gli rispondevo, ha deciso di passare a un livello superiore e lì mi sono sentita in pericolo».

Quando si è presentato in albergo?
«Sì. Aveva preso una camera nel mio stesso hotel. E quando siamo andati a giocare in Turchia, ha preso un aereo ed è venuto fino in Turchia. Un'altra volta ha preso un volo e si è presentato a Olbia. Non so se è chiaro il tipo di comportamento che ha avuto questa persona».


La procura vuole chiedere la perizia psichiatrica per il suo stalker che oggi ha 55 anni ed è stato definito, anche dagli inquirenti, in apparenza un "insospettabile", sebbene avesse riempito la casa di oggetti dedicati a lei.
«Non è competenza mia dire se è disturbato mentalmente o no. Io so solo che lo stalking è cominciato quando giocavo a Busto Arsizio, era finito ai domiciliari, poi ha patteggiato la pena ed è uscito. Quando me lo sono trovato davanti, con il mazzo di fiori e la richiesta di raggiungerlo in camera odi andare a cena, ho capito che era instabile. Ma questo non gli ha impedito di fare quello per ben due volte».

Il suo stalker, infatti, è un recidivo. L'ha perseguitata dal 2019, poi è stato fermato, ma ha ripreso pochi mesi fa. Fino all'arresto compiuto dai carabinieri di Monza. Secondo lei poteva essere fermato prima?
«Devo dire che la prima volta non ho denunciato subito, ci ho messo due mesi. Ero convinta che si stancasse e mi lasciasse in pace. Invece più non rispondevo e più lui diventava aggressivo. La seconda volta, invece, anche grazie all'aiuto della mia società, al consorzio Vero volley, mi sono rivolta subito ai carabinieri, che l'hanno preso»

Le hanno dato una scorta?
«Per un certo periodo sì. Ho avuto una tutela. C'erano le guardie in palestra perché lui si presentava lì, sapeva i luoghi comuni dove poteva trovarmi, s' informava sulle partite e sugli allenamenti, perfino sulle trasferte».

E lei per la sua sicurezza personale ha preso precauzioni particolari?
«Sinceramente a un certo punto ho pensato che dovevo fare qualcosa, non dico armarmi ma almeno dotarmi di uno spray allo peperoncino perché non vivevo più, mi sentivo in un incubo e vedevo tutti come potenziali minacce. Mi aveva inseguito anche in macchina. Avevo paura a rientrare a casa. Per fortuna le mie compagne di squadra, gli amici, la società, non mi hanno mai lasciata».

Adesso come si sente?
«Liberata. Ma faccio ancora fatica ad aprirmi agli altri, ai tifosi, a chi non conosco. Rispetto a prima questa cosa mi ha segnata. Per questo il mio invito a tutte le ragazze è di denunciare appena si sentono in pericolo, a non avere vergogna di raccontare il dramma che si sta vivendo. Solo così se ne può uscire».

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