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Jannik Sinner, "cos'è successo in bagno". Djokovic, la verità sulla rimonta

Leonardo Iannacci
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Fino a ieri sera Jannik Sinner era un campione che faceva, ogni tanto, cose da fuoriclasse. Sull'erba spelacchiata del secolare Centre Court di Wimbledon, ovvero l'università del tennis, il nostro carissimo pel di carota ha piallato la flebile distanza che separa, appunto, il campione dal fuoriclasse. E si è laureato tale nel giorno in cui ha vissuto la sua sconfitta più bella, figlia di un meraviglioso paradosso: ieri non ha perso Sinner, che ha il futuro nelle sue mani, ha vinto Djokovic. L'altoatesino si è illuso ma è uscito nei quarti di finale dello slam londinese a testa altissima, scrivendo la più incredibile delle incompiute viste su un campo da tennis. Degna della Decima di Ludwig Van Beethoven, la sinfonia iniziata e non completata. Proprio come la partita di Jannik, in vantaggio per due set a zero, poi costretto ad alzare bandiera bianca contro quel satanasso di Nole Djokovic, vincitore di 20 Slam, sei dei quali qui all'All England Club. Ridotto nei primi due set al ruolo di vittima sacrificale, il serbo di ghiaccio ha avvertito i refoli della sconfitta ma non si è perso affatto d'animo.

 

 

CALO FISICO E DI TESTA
Ha approfittato di un calo fisico e psicologico di Jannik e ha cominciato a giocare il proprio tennis, consapevole che questo suo amatissimo slam sull'erba è l'unico che può vincere in stagione, dopo l'esclusione forzata dagli Open australiani, quella probabile da Flushing Meadows e il ko subìto al Roland Garros da Nadal. In vantaggio 7-5, 6-2 grazie a colpi che hanno rasentato la perfezione, Sinner ha chiesto al proprio fisico sforzi che neppure i suoi 21 anni potevano sopportare senza chiedere, poi, tassi d'interesse altissimi. Difatti l'entusiasta Jannik non ha fatto i conti con i conigli che il serbo è in grado di cavare dal cappello a cilindro.

Nel terzo set il serbo ha affondato il piede sull'acceleratore strappando un sanguinoso turno di servizio a un Sinner un po' troppo falloso: si è portato sul 4-1 e ha chiuso i giochi per 6-3 sfruttando il servizio (80% di prime palle!). Ben lontano dal sentire le ruggini dei suoi 35 anni, Djokovic ha trovato la giusta concentrazione dopo una corsa in toilette («Provvidenziale, lì mi sono autocaricato insultandomi anche pesantemente...», scherzerà alla fine Nole) e ha portato a casa un 6-3 rassicurante sul piano dell'autostima.

 

 

Nel quarto set Sinner, dopo un capitombolo sull'erba durante il quale si è girato una caviglia, è entrato in un tunnel buio e oscuro, non è più riuscito a reggere gli scambi e si è fatto brekkare due volte. Dallo 0-4 il nostro per di carota, stanco e demoralizzato, non è più risalito, ipnotizzato dal talento del serbo e ha ceduto senza colpo ferire (6-2). L'atto conclusivo ha visto l'altoatesino calare al servizio (poco più del 50% nella prima), andare subito sotto 1-3 e lasciare campo e semifinale a un Djokovic implacabile che ha chiuso con un altro 6-2 la 26esima vittoria consecutiva a Wimbledon. «Ci sono stati due match in uno. Per fortuna ho vinto la seconda... E complimenti a Jannik», ha detto Nole.

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