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Simone Inzaghi, troppo pauroso e provinciale: così non è da Inter

Leonardo Iannacci
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La lezione di calcio che, venerdì sera, Maurizio Sarri ha impartito a Simone Inzaghi non può essere un caso nè un incidente di percorso. Alla terza partita ufficiale che l'Inter ha giocato, sono stati tre i banchi di prova: due decisamente alla portata di una corazzata come quella milanese e uno probante. Risultato? Inzaghi ha ottenuto una vittoria soffertissima a Lecce, ha fatto una passeggiata di salute contro l'arrendevole Spezia e ha preso una sberla dolorosa a Roma, contro una Lazio che ha subissato il gioco dell'Inter, dominandola in lungo e in largo per larghi tratti della partita, a parte i primi minuti di gioco durante i quali la squadra nerazzurro pareva ispirarsi a quella impetuosa di Antonio Conte.
 

 

 

IL "CONTISMO" Già, Antonio Conte. Ad Inzaghi il paragone con l'attuale allenatore del Tottenham darà anche fastidio ma gli osservatori neutrali, non i tifosi o chi è imparziale quando si parla dell'Inter, non possono che mettere in piedi il paragone. La squadra, lentamente ma implacabilmente, si sta allontanando dal contismo. Come era aggressiva e votata a un gioco fatto di ripartenze ficcanti la squadra di Conte, così appare arrendevole, timida al limite del provinciale e poco paziente, persino in preda al nervosismo quella vista sin dalle prime uscite in pre-campionato. L'Inter appare la lontana parente rispetto a quella che gli osservatori hanno dato come favorita per lo scudetto. E Inzaghi ne è il primo responsabile.
Il flop romano contro la Lazio, ma anche i tentennamenti contro Lione (sofferto 2-2) e Villareal (pessimo 2-4) e la sudatissima vittoria di Lecce sono imputabili all'allenatore che sta facendo scelte strane che mal si addicono alla nobiltà della rosa. Contro la Lazio, ad esempio, Inzaghi ha rinunciato a Çalhanoglu preferendo uno sfiatato Gagliardini per cercare di contrastare Milinkovic Savic. Risultato? Il serbo della Lazio è stato padrone del campo mentre Cataldi si è mangiato Brozovic, spento e fuori ritmo come non mai. Consegnando sin dall'inizio il centrocampo nelle mani di Sarri, Inzaghi ha fatto la figura del tecnico difensivista, timoroso nell'inaspettato "primo non prenderle" quando, invece, avrebbe dovuto ruggire e imporre il gioco. Davvero un pessimo segnale. Arrendevole, colpevole nell'aver tolto dopo 50 minuti di gioco il migliore in campo dei suoi, ovvero Dumfries (ma perché?), Inzaghi è parso anche incapace di leggere la forma dei giocatori. A Roma ha schierato un Lukaku che persino gli occhi meno esperti hanno capito essere lontanissimo dalla miglior condizione: lento, impacciato nel fare le sponde e spuntato, il belga è uno simboli di questa Inter poco brillante. Ma non l'unico: se diamo la parola alla difesa ecco venire alla luce i problemi di un reparto che, storicamente, era uno degli assi nella manica. Il ministro della difesa, e stiamo parlando di Skriniar, non è sembrato lui, forse distratto da voci di mercato che lo perseguitano da mesi. Bastoni sta subendo un'involuzione rispetto al bel centrale che era. Mentre De Vrji continua nel passo del gambero iniziato nel febbraio scorso quando, con sette punti racimolati in sette partite, l'Inter perse lo scudetto.

 

 

 

ISPIRAZIONE Cosa deve fare, quindi, Inzaghi dopo il flop di sabato sera? La cosa per lui più antipatica: rileggersi il metodo-Conte (Antonio) per impostare la squadra a immagine e somiglianza di quello che è attualmente uno dei migliori allenatori del mondo. Non pensare a coprirsi. Cosa farà Simone quando dovrà affrontare Bayern e Barcellona in Champions se è stato così timido contro Lazio? Si ispiri a Conte, in fin dei conti anche Ancelotti si ispirò a Sacchi, agli inizi. Non ci sarebbe nulla di male per prevenire altri guai. Anche perché sabato sera c'è il derby. Già una sfida-verità

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