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Simone Inzaghi, tutta la verità: quello che nessuno dice

Claudio Savelli
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L'Inter non c'è più. O perlomeno non esiste più quella post -Conte, che contava su un vantaggio rispetto a tutte le altre grandi: il lavoro dell'ex allenatore. Se fosse un palloncino, potremmo dire che l'impianto costruito da Conte nell'Inter si sia sgonfiato lentamente lo scorso anno attraverso un piccolo foro, fino allo scudetto perso, quando si è scoppiato. Inzaghi sta provando a rigonfiarlo, soffiandoci dentro con forza, ma è buco. Dovrebbe sostituire il palloncino. Il giudizio sul lavoro di Simone è stato drogato dalla base offerta da Conte. Anche la dirigenza con il rinnovo estivo è caduta nel tranello.

 

L'Inter continua a essere una vaga copia di una brillante versione del passato, senza averne più l'artefice né i giocatori che la rendevano diversa. Ora è lontanissima dall'essere una squadra da scudetto. La Roma offre una facile dimostrazione della tesi, vincendo senza strafare. Se lo scorso anno in questa sfida si notava un abisso, ora la distanza è annullata. Anzi, il risultato dice addirittura che la squadra di Mourinho è un passo avanti e lo è perché non pretende di essere ciò che non può essere, cioè una squadra che domina le partite, come sta invece facendo l'Inter. Cerca solidità e concretezza e, quando le trova, trionfa perché un Dybala o un calcio piazzato porteranno i gol. Il Milan non è in crisi come l'Inter 49 ma è in un momento di flessione dei suoi giocatori decisivi. Oltre l'assenza di Theo, non sono nel momento di onnipotenza i centrali Tomori e Kalulu, e gli infortuni si stanno moltiplicando (Calabria e Saelemaekers ieri). Il problema è che il gioco di Pioli richiede freschezza e lucidità che vanno alimentate con rotazioni ora impossibili. Ne consegue che, in questo momento, il Napoli è la miglior squadra d'Italia. Lo è perché ha le caratteristiche richieste dall'Europa.

 

 

 

È una strada che lo scorso anno ha aperto il Milan, vincendo con un calcio ritmico e verticale, da cui speriamo non si torni più indietro. La squadra di Spalletti è tanto intensa quanto precisa. Sa cosa fare e si diverte a farlo. È una forza naturale, gioca ogni partita allo stesso modo, a prescindere dall'avversario. Anche contro il Torino che di solito fa passare la voglia a chiunque. Tutto questo rende il Napoli, ad oggi, il miglior prodotto d'esportazione della serie A. Nota a margine: i giocatori che stanno facendo la differenza nel campionato sono costati poco. Il Napoli ha speso 15 milioni per Anguissa e 10 per Kvaratskhelia. Entrambi erano sui taccuini dei direttori di tutta Italia ma in pochi si fidano delle relazioni, la maggior parte crede solo nel proprio fiuto. Giuntoli è un'eccezione a questa regola. Sono due calciatori che, per caratteristiche, in A spostano facilmente le partite: Anguissa offre tanto se non gli viene chiesto troppo e Spalletti lo ha capito affiancandogli Lobotka; un duellante come Kvara, in un calcio in cui nessuno più punta l'uomo, diventa onnipotente. Il Napoli ricorda che le spese folli servono per i fenomeni, che sono pochi e non per tutti, mentre il resto è acquistabile a buon prezzo. Ma è solo per chi sa vendere e per chi sa scegliere. Molte società in Italia non sanno fare né l'una né l'altra cosa

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