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Milan, alla ricerca del Tomori perduto: cosa ha travolto il difensore

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Claudio Savelli
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La Champions League è una centrifuga e, in quanto tale, può ribaltare nel giro di una notte l'inerzia di una squadra. Se poi precede Milan-Juventus (domani alle 18), lo scontro diretto tra due formazioni dalle parabole opposte, può diventare la variabile decisiva. I rossoneri rientrati da Londra dopo un sonoro 0-3, si ritrovano con inediti dubbi su alcuni giocatori mentre i bianconeri, dopo il 3-1 al Maccabi Haifa, hanno fortificato qualche certezza psicologica, ultimo quarto d'ora a parte, e si ritrovano con una risorsa in più (Rabiot).

 

Il Milan si interroga sul ritmo da tenere contro la Juve. La squadra è programmata per essere intensa ma, visti i 7 infortunati attuali e la mole di assenze nelle ultime settimane, non è sempre possibile andare al massimo dei giri. Con il Chelsea ha sofferto l'impatto fisico. L'unico a viaggiare sui binari dell'intensità, seppur con i proverbiali sprazzi, è stato Leao. I riflettori sono così puntati sull'altro singolo che fa la differenza, Theo Hernandez, che ieri pomeriggio ha ripreso ad allenarsi in gruppo.

THEO VERSO IL RIENTRO
L'infortunio suggerisce prudenza ma il campo lo reclama a gran voce perché a destra i bianconeri non hanno uomini di corsa e perché Ballo Touré rende l'intero Milan piuttosto statico e prevedibile, spostando tutti gli oneri offensivi su Leao, così triplicato. Insomma, la squadra che ha fatto dei meccanismi corali la sua forza sta scoprendo la rilevanza dei solisti e la dipendenza da essi.

Non è solo Theo a non avere un sostituto all'altezza, anche Tomori avrebbe bisogno di riflettere sulle sue prestazioni ultimamente insufficienti (colpevole sul gol di Aubameyang, ma non solo), ma Kjaer non è disponibile e Gabbia viene tenuto nelle retrovie. Il mancato investimento sul centrale, finito invece su un De Ketelaere a cui va concesso tempo, si sta facendo sentire.

 

Se il Milan torna in campionato con qualche dubbio in più, la Juventus sta pian piano acquisendo certezze. Non il gioco, che sappiamo non arriverà mai, ma la mentalità allegriana che prevede un approccio feroce alle gare e un controllo attento dopo averle indirizzate. Così è stato con il Maccabi- con il quale, per la prima volta in stagione, si allunga a due la striscia di vittorie consecutive - fino al 75', quando la squadra è ripiombata nell'atavico difetto: l'eccesso di gestione. Non a caso Allegri era furioso mentre Rabiot segnava il 3-1 della sicurezza. 

A proposito di Rabiot, sta diventando in ritardo e, chissà se per caso, nell'anno della scadenza del contratto - la certezza di cui il tecnico parlava. Un centrocampista "dal motore importante" che in serie A, campionato dove nessuno strappa, può decidere le partite. È una questione di gol (Max gliene chiede 10 a stagione, lo scorso anno non ne ha segnato nemmeno uno) ma anche di continuità di prestazioni, sia tra le gare che all'interno di esse. In ogni caso, quando era a disposizione Allegri lo ha sempre schierato titolare. Non se ne priva e non lo farà contro un Milan che ha dimostrato di soffrire l'impatto fisico e le incursioni palla al piede, esattamente ciò in cui eccelle Rabiot.

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