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Juve, "schiacciati i giovani italiani": l'ultima accusa contro il club

Marco Bardesono
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«Gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare», diceva Gino Bartali e la procura della Federcalcio ha espresso lo stesso giudizio sulla magnanima inchiesta sulle plusvalenze che nel maggio scorso aveva avuto un occhio di particolare riguardo per le società di calcio coinvolte nel "sistema". Si ricomincia da capo, perché nelle carte giudiziarie dell'inchiesta "Prisma" trasmesse a Roma dalla procura Subalpina, emerge un "sistema" che la giustizia (sportiva e non) giudicherà se illecito o meno, ma certamente appare perverso, sia per i bilanci delle società, che per i calciatori, specie se giovani. In due parole il "sistema" sta nel affibbiare ad un atleta un valore di mercato sproporzionato rispetto a quello reale, così da poterlo inserire in bilancio e renderlo ricco. Ma, prima o poi, i nodi vengono al pettine e i bilanci saltano e precipitano nel vuoto (come nel caso delle Juventus che per sopravvivere non può certo passare da un aumento di capitale all'altro) e giovanissimi talenti valutati a peso d'oro per esigenze di cassa, finiscono per non trovare più una squadra che li faccia giocare a pallone, così da mettersi in mostra.

 

 





TRANSFERMARKT

I più (giovani di età compresa trai 15 e i 19 anni), rinunciano al sogno e appendono le scarpette al chiodo anzitempo. Ma non solo loro, perché altri giovanissimi (spesso impiegati nella rosa della Primavera) i cui cartellini hanno un valore certificato (ad esempio da Transfermarkt, riferimento perla Consob riguardo alle società quotate), finiscono anche loro nel calderone. Perché il valore del calciatore è tutto da dimostrare (sul campo), ma una società prima di spendere (a scatola quasi chiusa), ci pensa per bene. Insomma, così possono morire dei talenti. Cosa che ha rischiato il centrocampista della Primavera del Novara Jacopo Scariano, per qualche mese in prestito alla Fiorentina, ma non riscattato perché il suo cartellino valeva più di 100mila euro (in questo caso il valore è reale e non sono mai state applicate plusvalenze farlocche) e nessuno spende tanto per un 17enne, a meno che non sia Pelé. Scariano, pupillo di Alberto Aquilani (uno che di calcio se ne intende), alla fine del prestito ha dovuto fare le valigie e tornare a Novara, dove però ha faticato (complice anche un incidente stradale che lo ha costretto allo stop per diverse settimane) a trovare un posto da titolare. Insomma, una carriera che poteva decollare rapidamente ha subìto un rallentamento imperdonabile, proprio perché, secondo i tecnici che lo hanno seguito, «il ragazzo è molto determinato e ha un grande talento».

 

 

 


 

 

CENTINAIA DI RAGAZZI

Dunque, nella rete del "sistema" vengono imprigionati non solo i giovani calciatori utilizzati per «fare plusvalenze», ma anche altri il cui valore è fuori discussione. Parliamo di alcune centinaia di ragazzi che militano nelle squadre under 19 e 18, non solo di Juventus, Sampdoria, Pro Vercelli, Genoa, Parma, Pisa, Empoli, Novara e Pescara, società verso le quali la procura delle Figc ha deciso di tornare ad indagare (la stessa cosa vale per 52 dirigenti), ma anche di altre squadre di serie A, B e C, consapevolmente o meno, imprigionate nel "sistema" perverso. La crisi del calcio nostrano potrebbe nasce da lì, dall'assenza di vivai capaci di arricchire non solo le squadre dei club, ma la stessa nazionale, assente da otto anni (chissà perché) dai campionati del mondo, ma prima in Europa per slancio e orgoglio di un allenatore, Roberto Mancini che oggi, più di altri, guarda lontano. Non a caso, forse anche per dare una spallata al "sistema", Mancini ha convocato in nazionale giovani talentuosi provenienti dalle giovanili, come Simone Pafundi dell'Udinese, Elia Caprile (Bari), Riccardo Calafiori (Basilea), Simone Canestrelli (Pisa), Daniel Boloca (Frosinone), Fabrizio Caligara (Ascoli), Vincenzo Millico (Cagliari), Samuele Birindelli (Monza), Alessandro Buongiorno (Torino), Nicolò Casale (Lazio), Tommaso Mancini (Juventus) e, ovviamente, il bianconero Nicolò Fagioli, solo per citarne alcuni. Ma «gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare», lo ha ripetuto anche il neo ministro dello Sport Andrea Abodi: «È il momento di mettere ordine e di andare a controllare in maniera più puntuale perché ci sono società che si comportano correttamente e altre che evidentemente hanno interpretato in maniera troppo particolare le norme. Ciò determina un problema anche sul versante dell'equa competizione».

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