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Vialli, "solo 4 amici per l'ultimo saluto". La sorpresa sul big Juve

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Dal giorno dell’Epifania, Gianluca Vialli non c’è più, spentosi a Londra dopo cinque anni di lotte contro il cancro al pancreas. In pochi hanno visto l’ex punta di Samp e Juve, in particolare solo in quattro: dal suo ‘gemello del gol’ Roberto Mancini a Massimo Mauro. Oltre a loro due, ci sono anche Nando, suo compagno d’infanzia a Cremona, e Riccardo Grande Stevens, conosciuto durante l'esperienza alla Juventus, di cui il padre Franzo è tuttora a 94 anni presidente onorario. 

 

 

 

Da Mancini al racconto di Mauro

Il c.t. Mancini, con cui ha conquistato in panca un titolo all’Europeo, gli ha fatto visita il 29 dicembre, così come Massimo Mauro, che al Tg1 ha raccontato l’ultimo, doloroso, incontro, con un collega che era diventato amico vero: "Ho visto Gianluca 10 giorni fa a Londra ed era ormai in condizioni molto, molto critiche — aveva detto Mauro — È stato difficile avere una buona comunicazione. Ma, per 10 minuti ogni 2 ore, riusciva a essere lucido e allora abbiamo parlato della Juve, della Sampdoria, della fondazione (la Onlus creata dai due nel 2003 per finanziare la ricerca sulla Sla e sul cancro, ndr), abbiamo parlato di quello di cui parlavamo. Per fortuna sono andato a Londra per salutarlo, lui me lo aveva chiesto ed è stato molto importante per me".

 

 

 

Mauro ancora e la battuta sul polpaccio

E ancora: “Il pomeriggio che sono arrivato a Londra, svegliandosi, Luca mi ha chiesto di fargli un massaggio e io ho preso il suo polpaccio e gliel'ho massaggiato, a quel punto mi ha guardato e mi ha detto: ‘Nonostante le mie condizioni, tu non avevi questi muscoli quando giocavi’ — racconta l’ex Juve — Ci siamo fatti una gran risata. Aveva capito in che condizioni si trovava, ma mi sembrava ugualmente sereno. Anche perché ha una famiglia straordinaria, due bimbe come Olivia e Sofia fantastiche, una moglie che è stata straordinaria accanto a lui in questi anni. L'unica cosa che non è riuscito a fare è stato il presidente della Sampdoria, società alla quale voleva trasmettere tutto il proprio sapere calcistico”.

 

 

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