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Sinner "giustiziato" da Medvedev: infortunio? No, cosa c'è dietro la sconfitta

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Paolo Macarti
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Miami addio. Svanito l’illusorio tripudio susseguente alla semifinale vinta contro Alcaraz, un Sinner prosciugato nelle energie e con le gambe pesanti come macigni, è tornato brutalmente con i piedi sulla terra e, in 1 ora e 35 minuti, ha perso la finale del torneo 1000 della Florida contro il più forte Daniil Medvedev: 7-5, 6-3 il parziale a favore del russo che si è dimostrato un giustiziere implacabile mostrando, rispetto al ragazzo di San Candido, frecce in più nel suo arco. «Non stavo benissimo, e, per questo, ho giocato male», ha detto Sinner dopo il ko. Il moscovita dal volto glaciale ha fatto sua la finale all’Hard Rock Arena forte di uno martellante gioco da fondo campo e di un plastico gioco di gambe da fondo campo. Non altro.

Bruttino il suo tennis arrogante ma meritata la vittoria, così come sfortunata nell’atto conclusivo ma positiva è stata l’esperienza di Sinner in quello che, per importanza, è il quinto torneo del Circus dopo i quattro Slam (Open d’Australia, Roland Garros, Wimbledon e Flushing Meadows). La crescita tecnica di Jannik, comunque, continua senza soste anche se il brillante successo in semifinale con Alcaraz, di due anni più giovane e già vincitore di uno Slam, non deve fargli perdere contatto con la realtà. In quella partita, esaltante sul piano tecnico-tattico, aveva piegato un Alcaraz stanco (Sinner aveva avuto un giorno in più per preparare la semifinale) e, soprattutto, dolorante a una coscia. Innegabile che Jannik sia forte e in ascesa, questo lo si era già capito a Wimbledon o in altre occasioni negli Slam, tuttavia gli manca ancora qualche passo per salire gli ultimi gradini e arrivare al livello robotico e fisicamente impressionante dei top player. Che restano Djokovic, Alcaraz, lo stesso Medvedev e l’incognita Nadal.

Non è un caso se, in tutti gli incroci con Medvedev, il russo ha sempre avuto la meglio concedendo all’azzurro la miseria di tre soli set. I due, tra l’altro, si rispettano ma non si amano e le strette di mano al termine delle disfide sono state una concessione al cavalleresco galateo imposto dal tennis, non certo al feeling tra Jannik e Daniil. Feeling, invece, tra Sinner e Alcaraz al punto che lo spagnolo, pur malato in semifinale, aveva augurato all’amico: «Vai, ora vinci». Il microfilm della finale, giocata nella calura della Florida, racconta di un primo set teso e in equilibrio sino al 5-5, frutto anche di un break e di un controbreak dei due sfidanti. Pur falloso al servizio, il russo non ha fatto sconti mettendo a segno 12 colpi più dell’azzurro che non ha brillato al servizio e neppure negli spostamenti a fondo campo.

Fiaccato dal caldo e non certo fresco come in semifinale, Sinner ha anche chiesto l’intervento del medico, accorso con sali e vitamine, poi ha ceduto nel dodicesimo game perdendo nuovamente il servizio e mollando al russo la frazione per 7-5. Il secondo set è iniziato esattamente come era finito il primo: con i muscoli sempre più in acido lattico, il ragazzo di San Candido è andato subito sotto 2-0 e poi 3-1, perdendo malamente per due volte il servizio e affondando inesorabilmente sotto i colpi dello zar russo che ha chiuso per 6-3. Peccato. Ma possiamo dire, oggi più che mai: provaci ancora, Jannik.

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