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Jannik Sinner, "qualcosa di micidiale": retroscena, cosa gli ribalta la carriera

Fabrizio Biasin
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Qui si rischia di scadere nel banale, nell’ovvio, nel retorico. Lo faremo. Jannik Sinner l’altra notte ha fatto la differenza: mentale, fisica, generale. Ha battuto un giocatore più forte di lui, Carlitos Alcaraz spagnolo di 19 anni che si alterna tra il primo e secondo posto del ranking Atp - e lo ha fatto dopo tre ore di spettacolo purissimo, una roba da spellarsi le mani. E, infatti, il pubblico dell’Hard Rock di Miami si è spellato le mani e ha osannato entrambi. Oggi il 21enne altoatesino giocherà la finale dell’Atp 1000 (la seconda da queste parti) contro un altro fenomeno, Medvedev, il russo che lo ha sempre battuto e magari lo batterà ancora, ma non è questo il punto.

Il punto è che siamo al definitivo salto di qualità di un talento che a un bel punto ha scelto di abbandonare la categoria “Promessa” e ha scelto di invadere quella di “Certezza”. Lo ha fatto col lavoro, ché le qualità ci sono e si vedono, ma se non ci metti il sudore col cavolo riesci a stare al livello dei giganti. E allora il ragazzo ha cambiato guida tecnica (dall’ottimo Riccardo Piatti a Simone Vagnozzi e Darren Cahill) e si è messo sotto: ha migliorato (e di molto) il servizio, ha iniziato a variare il gioco, è diventato micidiale anche sotto rete e, insomma, ha fatto il salto di qualità. Non quello “mentale”, perché da quel punto di vista era ed è già tra i primi tre al mondo.

Prendete il match dell’altra notte: perde il primo set al tie-break dopo essere stato in vantaggio 4-1. Una roba che avrebbe stroncato un rinoceronte, non lui. Gli “infedeli” hanno iniziato a sentenziare: «È bravo ma, diciamolo, l’altro è su un pianeta differente...». E invece no, l’altro si è dovuto inchinare alla legge del robotico Jannik: ha cancellato dalla mente il primo set e la recente sfida di Indian Wells e si è messo a giocare con una costanza da veterano. Il secondo lo ha vinto 6-4, il terzo è stata una lenta agonia per il suo avversario, crollato 6-2. Alla fine non si è messo a fare sceneggiate, ha abbracciato e ringraziato lo spagnolo che, di rimando, lo ha celebrato: «In finale farò il tifo per te».

SPLENDIDA RIVALITÀ
Ecco, sì, a Miami è nata una splendida rivalità, di quelle che da sempre hanno contraddistinto il mondo del tennis (McEnroe -Lendl, Sampras-Agassi, Federer-Nadal...) e con questi due sono destinate a proseguire per 2 o 3 lustri. Intanto l’azzurro si lecca i baffi, perché a prescindere da come andrà la finale di oggi (ore 19, diretta su Sky) blinderà il suo posto nella Top 10 del ranking mondiale (quarto nella “race”, la graduatoria annuale che qualifica i primi otto della stagione alle Finals di Torino) e potrà raccontare ai nipotini di aver conquistato un punto che è già “storia del tennis”.

Siamo nel primo set: il punteggio è di 4-2 per Sinner che serve sullo 0-15. Star qui a raccontare quello che è successo nei successivi 35 secondi renderebbe tutto meno bello di quello che è stato, sappiate solo che il punto lo ha portato a casa l’italiano, ma il contributo alla bellezza lo ha dato anche lo spagnolo. Trattasi di 25 racchettate che in realtà sono parse colpi di pennello buoni per dipingere la Cappella Sistina del tennis 2023. Una meraviglia nella notte italiana dell’1 aprile 2023 che archiviamo nella testa in attesa delle prossime. Perché ce ne saranno altre, potete starne certi. Grazie davvero Jannik Sinner, grazie davvero Carlos Alcaraz: siete spettacolo allo stato puro.

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