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Simone Inzaghi, "bravo ma non mi scuso": la bordata di Senaldi sull'Inter

Pietro Senaldi
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«Noi interisti dobbiamo chiedere scusa a Inzaghi» scriveva Beppe Severgnini sul Corriere della Sera all’indomani del doppio successo di coppa sul Milan. In effetti, gliene abbiamo dette di ogni. Siamo una tifoseria di esteti e snob e dodici sconfitte in campionato per noi si combinano male perfino con una finale di Champions. La vittoria della Coppa Italia cambia di un tocco le cose, ma comunque no, io non chiedo scusa a nessuno; non sarebbe da interisti farlo. Il tifoso interista è animale unico nel mondo del calcio. Alla squadra dà poco o nulla, ma si sente comunque sempre in credito. La partita la guarda solo se le se cose vanno bene ed è di cartello, perché altrimenti ha qualcosa di meglio da fare; non siamo mica milanisti o laziali, che vivono con il calendario della Serie A sul salvaschermo del telefonino.

D’altronde, noi interisti la critica ce l’abbiamo nel sangue, ci bastano un paio di highlights per esprimere sentenze inappellabili, non serve neppure la sintesi, tanto dopo cinque minuti siamo già annoiati e allo stadio ci andiamo solo per guardare le ragazze in tribuna perché il calcio come lo si vede dal divano di casa, da nessun’altra parte mai. E sia chiaro, meglio soli o al massimo con un paio di affiliati, perché siamo troppo schizzinosi per l’ammucchiata. Se l’Inter è pazza non è per sua natura, lo fa solo per tenerci incollati. Già, perché mentre gli altri sospirano per la loro squadra, noi ci facciamo desiderare, siamo noi la bella donna da conquistare, e che in ogni caso resta per poco. Non ci credete? Pensate ai giornalisti che scrivono libri sulla Beneamata: nove volte su dieci la squadra è sullo sfondo, un pretesto per parlare di se stessi. Forse per questo Berlusconi, da interista, scelse di comprare il Milan. Intuiva che con noi non sarebbe mai stato protagonista mentre i rossoneri, pur di vincere, sono stati disposti a farsi comandare per venticinque anni da una volpe nerazzurra e da un affarista juventino. La vittoria ci inebria, come a tutti, ma giusto un paio di giorni.

Lo aveva intuito benissimo Mourinho, il quale dopo aver vinto il Triplete, impresa irripetibile, neppure è tornato a Milano a festeggiare. Mollarci nel momento dell’orgasmo è il solo modo per essere rimpianti, anche al prezzo di essere odiati; e le nostre maledizioni si fanno sentire, visto che per quando “speciale”, a conti fatti tocca rimpiangerci a lui, essendo noi stati il momento più alto della sua carriera ma lui non il migliore della nostra storia. José non è un pirla, sapeva che nessuna vittoria lo avrebbe salvato dal massacro l’anno successivo, il primo delle vacche magre. Anche Simone Inzaghi, «spiace» per gli altri, da grande uomo di calcio, sull’Inter ha capito molte cose. Il che gli ha consentito di tirare avanti in apparenza imperturbabile a ogni bordata. È un asceta, dell’interista ha l’amore per le sfide impossibili e il coraggio dell’improntitudine; altrimenti non si spiega come, ogni partita, al settantesimo faccia alzare dalla panchina chi noi sappiamo per metterlo in campo, a rischio della sua di panchina e della vita di noi tutti.

Ma forse ha ragione lui, perché nessuno sa dire come la squadra più vecchia d’Europa sia arrivata in fondo a tutto, a giocarsi quasi tutto, disputando più partite di tutti. Ha una forza zen che gli deriva dall’aver fatto la frittata subito, fin dal primo anno, regalando al Milan uno scudetto che aveva già vinto, per quella sua mania dei cambi sciagurati perpetrata anche nel derby decisivo, ribaltato da Pioli grazie alle sostituzioni di Simone. E se neppure nove anni a Roma ti hanno insegnato che il derby è importante, più del rispetto della regola dei cambi... Comunque, la vera differenza del tifoso interista la fa la forza di non aver bisogno di avere la bacheca più ricca di trofei per sentirsi il migliore; perché è migliore lui, anche se la squadra, non certo questa beninteso, fa schifo... Perciò stiamo festeggiando da una settimana, e festeggeremo per le prossime tre, una partita impossibile e una coppa che forse non riuscirebbero ad alzare neppure Sarti, Burgnich, Facchetti... Comunque andrà, noi abbiamo fatto già baldoria, che la realtà e le partite sono solo un contorno. Non siamo abbastanza volgari per essere tifosi.

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