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Arrigo Sacchi su Berlusconi: "Chi è stato per me il Cav. E quell'ultima telefonata"

Giulia Stronati
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La voce al telefono é singhiozzante e talvolta viene rotta dal pianto e dalla commozione. Arrigo Sacchi al fianco di Silvio Berlusconi ha scritto la storia del calcio mondiale con il Milan diventato leggenda come la formazione più bella del Ventesimo Secolo, tanto da essere definita dalla critica la squadra degli Immortali.

Mister, chi é stato per lei Silvio Berlusconi? 
“Un amico. Una persona a cui ho voluto davvero bene. Silvio ha scritto la storia del calcio italiano e del nostro paese. Un grande personaggio, una grande persona, un grande uomo”.

Quando l’ha sentito l’ultima volta?
“Intorno a Pasqua. Dovevamo vederci, ma purtroppo avevo già un impegno e rimandai. Mi porterò dietro il rimorso per sempre…”.

Il pregio di Silvio Berlusconi. 
“Nello sport ha dato tanto e pure nella politica: un uomo generoso e dotato di grande entusiasmo. Di lui ti colpiva la sconfinata conoscenza contraddistinta da grande coraggio e intelligenza”. 

Se lo ricorda il vostro primo incontro? 
“E come potrei dimenticarlo. Fu a Parma nel 1986. Eravamo appena andati in B e c’era una amichevole contro il Milan. Berlusconi venne a vedere la partita e il primo tempo tenemmo lo 0-0, nonostante quel Milan avesse cinque nazionali titolari. A fine partita il Dottore volle conoscermi e mi disse che mi avrebbe seguito durante la stagione”. 

Il destino vi fece ritrovare di lì a breve…
“Esattamente 25 giorni dopo ci rivedemmo per la gara di Coppa Italia: vincemmo noi 1-0 a San Siro e Berlusconi venne dopo la partita scendendo negli spogliatoi per farmi i complimenti”.

La scintilla era ormai scoccata…
“Qualche tempo dopo tramite il mio amico Ettore Rognoni (allora capo dello sport a Mediaset, ndr) mi invitò ad Arcore: parlammo per ore di calcio, sembra ci conoscessimo da sempre. Mi salutò chiedendomi di rimandare l’appuntamento che avevo con un altro club di Serie A, la Fiorentina. Per correttezza non potevo farlo e glielo dissi chiaramente. Il giorno dopo fui convocato di nuovo ad Arcore: trovai Galliani, Dell’Utri e Confalonieri che mi fecero firmare il contratto da allenatore del Milan”. 

Si narra che lei accettò di siglarlo in bianco. É vero?
“Certamente. Lo firmai e dissi ‘mettete pure voi la cifra che volete’. Quel furbacchione di Adriano Galliani ne ha approfittato subito e ha scritto una cifra inferiore a quella che percepivo al Parma (sorride, ndr)”.

L’inizio di una cavalcata straordinaria…
“Berlusconi aveva un carisma straordinario. Appena arrivava a Milanello avvertivi l’elettricità nell’aria. Il giorno dopo la firma mi disse che il Milan doveva diventare una grande squadra a livello internazionale. Era il 1987 e ci credevamo solo io e lui. Due visionari che si sono capiti al volo…”.

Cosa vi diceva quando veniva a trovarvi a Milanello? 
“Spiccava la sua competenza a tutto campo. Berlusconi era attento a tutto e tutti. Ogni particolare per lui era importante. Convincere, divertire e vincere: questo era il motto che ripeteva sempre a me e alla squadra”.

L’avvio fu tribolato, ma il presidente scese in campo al suo fianco difendendola davanti a tutta la squadra e sottolineando la piena fiducia in lei. 
“Disse ancora peggio dopo l’Espanyol. Mi chiese se avevo bisogno di supporto, così il sabato venne a Milanello e ci fece salire tutti nel suo ufficio. A quel punto disse “Io ho totale fiducia in Arrigo: chi lo seguirà rimarrà, chi non lo seguirà se ne andrà via dal Milan. Buona giornata a tutti”. Da quel discorso di 26 secondi non abbiamo praticamente più perso una partita, vincendo lo scudetto il primo anno e la coppa dei campioni quello successivo, tanto che a Barcellona mi disse: ‘Non ho mai speso meglio i miei soldi’”.

Quale dote migliore aveva il Berlusconi presidente con un allenatore?
“Inutile e coraggio, nessuno può dirlo meglio di me dal momento che mi portò al Milan quando io allenavo il Parma in B. Ha avuto una visione, scovando in me doti e qualità che forse neppure io credevo di avere”. 

Lei ha lavorato con Berlusconi anche in televisione, diventando l’opinionista di punta a Pressing e Controcampo su Italia1. Com’era il Silvio imprenditore televisivo? 
“Era avanti rispetto agli altri anche a livello televisivo e imprenditoriale. Lui aveva conoscenza, innovazione e coraggio. Certe volte diceva cose che ti lasciavano a bocca aperta: dopo anni però scoprirvi che quello che aveva anticipato era diventato il sentire comune. Peccato che gli altri ci arrivavano cinque anni dopo…”. 

Il Milan sta progettando il nuovo stadio…
“Non aggiunga altro. Glielo dico subito. Silvio Berlusconi si merita che il nuovo stadio del Milan sia intitolato a lui”. 

Eravate legatissimo e in grande sintonia, ma ci sarà stata una volta in cui vi siete trovati sui fronti opposti.
“Su Sarri. Lo caldeggiai al Presidente per la panchina del Milan nel 2015. Non mi ha dato retta”. 

Spesso si é narrato delle invasioni di campo presidenziali nella gestione della squadra. Come si “allenava” un patron del genere? 
“Le svelo una cosa: Silvio Berlusconi nei miei anni da allenatore del Milan non mi mai chiesto la formazione, neppure mezza volta. Evidentemente nutriva fiducia totale nel sottoscritto. A dispetto di quanto si possa pensare non era affatto invasivo nelle scelte. Il Presidente Berlusconi é stato l’ideale dirigente con cui interfacciarsi e lavorare”. 

Infine ci dice la lezione più grande che le ha insegnato Berlusconi? 
“Amare ciò che si fa e che chi dà tutto é già un vincitore”.

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