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Serie A, lo strano caso: ecco quali mister hanno fatto fuori. Coincidenza?

Claudio Savelli
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Il rinnovo di Simone Inzaghi è cosa fatta: un anno in più per non vivere l’imminente stagione con la fastidiosa etichetta di allenatore in scadenza. Era la promessa di inizio estate dei dirigenti dell’Inter al mister ed è stata mantenuta: prima della fine del mese, il nuovo contratto verrà depositato, durerà fino al 2025 e prevederà un ritocchino rispetto alla cifra attuale, da 5,5 a 6 milioni netti all’anno. In cambio il club chiede il ventesimo scudetto della sua storia e Inzaghi, in risposta, ha cominciato la stagione esplicitando l’obiettivo senza più il maniavantismo tipico degli allenatori contemporanei, secondo i quali nessuno punta a vincere ma tutti badano a piazzarsi. Questa corsa del gambero è uno dei motivi per cui i tecnici in serie A, in particolare quelli delle grandi squadre, sono sempre più longevi. Per i club è fondamentale entrare in Europa, se possibile in Champions League, per una questione di sopravvivenza economica, quindi nemmeno il tecnico di una grande è obbligato a vincere lo scudetto. C’è più tolleranza, ora gli allenatori rimangono anche se non vincono.

I PATRON DI UN TEMPO...
Altri motivi? Non ci sono più i presidenti di una volta, i Moratti, gli Zamparini o i Cellino (lui sì, esiste ancora, e si vede nel Brescia che cambia sei tecnici in un solo anno) che cacciavano i mister, tanto i soldi li mettevano loro. Ora ci sono le proprietà straniere che non hanno intenzione di sperperare denaro e sanno che una delle più gravi perdite sono gli stipendi dei tecnici esonerati, che rimangono a libro paga finché non firmano per un altro club, ammesso che vogliano rimettersi in gioco- Spalletti, prima di sposare il Napoli con cui è diventato campione d’Italia, è rimasto sotto contratto con l’Inter per due anni. Ecco perché il club nerazzurro rinnova Inzaghi di anno in anno per una sola stagione. Ecco perché la Juventus non ha salutato Allegri nonostante il biennio da “zero tituli”: il suo quadriennale da 8 milioni netti all’anno è roba d’altri tempi. Avesse voluto cambiare mister, avrebbe gettato al vento circa 30 milioni, il doppio di quanto ha speso finora sul mercato.

Così Max inizia il suo terzo anno consecutivo alla Juve come Inzaghi all’Inter, e se in casa bianconera il precedente longevo è lo stesso Allegri, in quella nerazzurra bisogna risalire al primo Mancini, in sella dal 2004 al 2008. Nei 15 anni seguenti, nessun tecnico interista era mai andato oltre il biennio. Anche Mourinho e Sarri iniziano il terzo anno nella Capitale. Sono arrivati insieme ma rischiano di andarsene in momenti diversi: il portoghese non sembra voler rinnovare il contratto con la Roma mentre il toscano ha già prolungato con la Lazio fino al 2025. La serie A ci ha messo un po’ ma ha finalmente capito di essere povera, quindi di non poter più costruire i cosiddetti instant team. Di conseguenza chiedono ai tecnici di plasmare un’identità e un’idea di gioco che rimanga anche in futuro e questi ultimi se ne sono fatti una ragione: si guardi Mourinho che un tempo avrebbe polemizzato sul mercato scarno mentre ora ci ride su e Sarri che resta nonostante i litigi con Lotito.

IL CASO LIMITE
La serie A è addirittura riuscita a creare il caso limite di Gasperini che si appresta a vivere l’ottava stagione consecutiva nel club, come Herrera all’Inter o Bagnoli al Verona. Solo Trapattoni nella storia della serie A è stato più longevo: 10 stagioni di fila alla Juventus dal 1976 al 1986. Certo è che Gasp avrebbe gradito l’occasione in una grande, avendo 65 anni (solo Ranieri con 71 è più anziano in A), ma proprio perché vincere non è più l’unica cosa che conta rimanere a Bergamo a plasmare talenti non è affatto male. Il contratto è in scadenza la prossima estate ma esiste una stretta di mano solenne con i Percassi per il rinnovo di un anno che, per Gasp, vale più di una firma. Anche Pioli, ormai giunto a 3 anni e 10 mesi di reggenza, è resistito ad un cambio di proprietà e, quest’estate, pure di dirigenza. Il Milan che cambia metodo sul mercato aveva bisogno di un perno attorno al quale girare. Chi? L’allenatore, ovviamente. Anche se è reduce da una stagione in bianco. 

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