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Marco Verratti, la "fuga" in Arabia e mai in Serie A: uno strano caso

Leonardo Iannacci
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Mentre si accendeva la cinquantesima sigaretta della mattinata davanti al suo mare, Zdenek Zeman ebbe un sussulto al nome Marco e sentenziò con la sua voce metallica: «Lui è uno che pensa prima di calciare, in mezzo a tanti che calciano prima di pensare». Marco  Verratti, l’ultimo dei Mohicani della sempre più rara categoria dei playmaker del football. Un regista alto 165 centimetri, con poco fisico, baricentro basso ma passo svelto, che insieme a Immobile e Insigne esplose nel Pescara allenato da Zeman per poi diventare uno dei calciatori più concupiti da molti club d’Europa. A fare il colpaccio, nel 2012, fu il Paris Saint Germain.

Acquistata dal Qatar Investment Autorithy, la squadra della Parigi bene diede subito vita al più colossale e folle calciomercato che si ricordi. Verratti fu una delle prime scommesse fatte da Nasser Al-Khelaifi, lo sceicco padrone della squadra francese e, in questi undici anni, il playmaker tascabile è diventato il più titolato calciatore del club che si ispira alla grandeur della Ville Lumière. In 416 partite giocate con i parisienne, Marco ha messo la firma in 30 trofei vinti: Ligue 1, Coppa di Francia, Coppa di Ligue e Supercoppa, giocando con un plotone di assi superpagati che lui dirigeva dal centro del campo. Qualche nome?Neymar, Ibrahimovic, Di Maria, Messi, Mbappè. Mai, però, ha vinto la tanto sospirata Champions e mai abbiamo visto Verratti giocare nella nostra serie A: quando se ne andò dal Pescara era in B e, in quel 2012, fece il salto triplo passando direttamente dalla nostra serie cadetta alla Champions.

 

 


 


DOPPIO PLAYMAKER
Con l'Italia ha vinto il favolistico titolo europeo del 2020 quando il ct Mancini inventò un centrocampo con il doppio playmaker Verratti-Jorginho. Ma in serie A mai lo abbiamo visto e mai lo vedremo. Da ieri, difatti, il 32enne ragazzo nato a Pescara il 5 novembre 1992 sotto il segno dello Scorpione (lo stesso di Pelè, Maradona, Del Piero e Van Basten...) ha svoltato. Nel senso che, messo fuori squadra da Luis Enrique, firmerà un accordo faraonico con la squadra qatariota dell’Al-Arabi. Guadagnerà 50 milioni di euro annui che sbiancano il vecchio contratto con il Psg di “appena” 14,5 milioni a stagione. Nasser Al-Khelaifi lo ha ceduto per una sessantina di milioni e il ragazzo, estromesso anche da Spalletti nella nuova nazionale, sarà un perno dell’Al-Arabi.

Lontano da tutto e da tutti cercherà di dimenticare un 2023 non certamente scintillante dove ha perso tutto: Champions, posto in nazionale, la fiducia dell’allenatore del Psg e anche dei tifosi del Psg che non dimenticano certe sue notti parigine stile dolce vita, tra arresti per guida in stato di ubriachezza e altro. Il piccolo grande playmaker ha deciso di scegliersi una nuova vita da giocatore e di sparire dal calcio che conta, quello europeo dove era un talento puro. Verratti sarà da domani più ricco, molto più ricco ma calcisticamente più povero, molto più povero. Da un paio di mesi si vagheggiava di un suo passaggio in Arabia, all’Al-Hilal dove giocano Neymar e Mitrovic dopo Koulibaly e Milinkovic-Savic. Invece Verratti si è dovuto accontentare del Qatar: come giocatori più rappresentativi, troverà nello spogliatoio della sua nuova squadra che gioca a Doha il brasiliano ex Barcellona e Inter Rafinha e il senegalese ex PsgAbdou Diallo. Per il resto la rosa è poca cosa, formata solo da giocatori locali. Accendendosi la centesima sigaretta cosa potrebbe mai pensare il suo maestro Zeman in merito a questa bizzarra scelta? «Che stavolta Marco ha scelto prima di pensare invece di pensare prima di scegliere».

 

 

 

 

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