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Gigio Donnarumma? Sopravvalutato e "traditore": perché è sacrosanto fischiarlo

Andrea Tempestini
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I fischi a Donnarumma? Sacrosanti. Prima di proseguire, però, una premessa necessaria per questioni di trasparenza: chi scrive, quando si parla di Donnarumma, non è al di sopra di ogni sospetto. Non per la mia fede milanista (e tutti i milanisti, sportivamente parlando, il ragazzo lo gradiscono il giusto: dunque lecito non credermi).

Il punto è che non sono al di sopra di ogni sospetto dal 25 ottobre 2015, giorno in cui Gigio esordì in rossonero: prese gol sul suo palo, una punizione di Berardi calciata da distanza siderale e di potenza rivedibile. Per farla breve, nel mio piccolissimo, ho sempre messo in discussione l’arcidiffusa convinzione  (almeno fino a qualche tempo fa) che Donnarumma «è un fenomeno». Intendiamoci, il portiere è forte. Ma permettetemi un paragone felino: Gigio ha lo scatto e la precisione del gatto quando è chiamato a intercettare palline scagliate a velocità micidiali. Eppure gli stessi baffuti, se devono fare i conti con una palla che rimbalza a velocità modesta, penano assai nel fermarla e spesso falliscono. Questo per dire che il ragazzone da Castellamare di Stabia fonde nella sua essenza di portiere guizzi sensazionali (gli Europei iperuranici) con giri a vuoto sanguinosi e grotteschi.

 

FENOMENO
Già, per me non è mai stato un fenomeno: era un giovane portiere di prospetto e ora è semplicemente un portiere. I giri a vuoto, in rossonero, si sprecarono. In tempi più recenti ricordiamo: le mani di frolla sul tiro di Marcos Alonso (sempre in azzurro a San Siro, ottobre 2021); il maledetto marzo 2022 (frittatone-Champions League con cui consegnò la qualificazione al Real Madrid e, soprattutto, la non-parata con la Macedonia del Nord e conseguente catastrofe-Mondiale, ovvero niente Qatar e noi sul divano a guardare gli altri da casa). 

Curioso il destino. Sabato scorso altra prodezza al contrario, ancora contro la Macedonia del Nord. Poi, martedì sera, ancora sul campo di San Siro, due anni dopo la sfida persa contro la Spagna. E i fischi. Assordanti. Inevitabili, comprensibili e legittimi: con buona pace del buon Frattesi, fischiare un atleta è inalienabile diritto dello spettatore pagante. Ma quei fischi dello stadio di San Siro - forse per la prima volta - non erano solo lo sfogo di un rossonero tradito: erano la contestazione a un atleta che, semplicemente, sta deludendo. Dunque Gigio faccia tesoro del consiglio del commissario tecnico Spalletti: «Si sta zitti e si va a lavorare».

 

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