Cerca
Cerca
+

Luciano Spalletti, perché solo lui può salvare il "mediano" Kean

Claudio Savelli
  • a
  • a
  • a

Luciano Spalletti si reca a Bergamo per osservare, tra gli altri, i possibili attaccanti della Nazionale italiana, solo che uno, Scamacca, è infortunato, l’altro, Kean, fa la mezzala (vedere la heatmap per averne conferma). Se l’atalantino va atteso, il secondo va convinto a prendersi sul serio. Spalletti pensa che Kean sia una soluzione per la Nazionale italiana, Kean invece sembra ormai rassegnato all’idea di essere un problema per tutti. 

Si porta ancora in campo la retorica del nuovo Balotelli, colpevole della mancanza di centravanti di livello in Italia: dovrebbe fregarsene e riuscire a giocare con continuità. Ecco forse la Juventus di Allegri è il posto sbagliato, visto che prima di Bergamo, con Vlahovic e Milik a disposizione, Kean aveva messo insieme la miseria di 28’ in campo. E in una stagione senza coppe europee le prospettive non sono rosee per l’ultimo del reparto.

 

È giunta l’ora che Kean prenda in mano la sua vita professionale, ad esempio chiedendo con fermezza di essere ceduto. Dovrebbe provare a uscire da questa strana carriera iniziata troppo presto e mai vissuta da protagonista. Tra cessioni (all’Everton) e prestiti (al Psg) e riacquisti (della Juventus), mai una volta che sudi lui ci fosse un progetto serio. A Kean non è mai stata data alcuna responsabilità, normale che non sia capace di prendersene una. Manca nella sua vita professionale un allenatore capace di metterlo al centro dei suoi pensieri, uno come Spalletti che chiede ai centravanti di avere spessore umano, oltre che tecnico. 

Kean si accorga che il nuovo ct è la sua grande, e forse ultima, occasione per diventare un vero centravanti in un’epoca in cui i veri centravanti sono tornati a fare la differenza e, quindi, per svoltare. Gli dia tutto, in cambio riceverà altrettanto. Ora che sembra credersela meno, Kean deve credere di più in una carriera di alto livello. Dovrebbe percepirla come un dovere morale. È ancora in tempo. A 23 anni ha l’esperienza internazionale (29 presenze europee) di un 30enne per gli standard del nostro Paese. Per il resto, Spalletti ricava buone notizie qua e là dalla serie A: Chiesa e Berardi sono chiaramente le ali titolari che al primo giro non ha avuto, Locatelli cresce nel ruolo di regia, Retegui migliora. E Udogie ha conquistato la Premier: non convocarlo sarebbe un errore.

 

Dai blog