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Bonaventura in Nazionale: la sua seconda vita, dimenticati Milan e infortunio

Claudio Savelli
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Mentre scambia il gagliardetto con Di Lorenzo prima di affrontarlo in Napoli-Fiorentina, Giacomo Jack Bonaventura ammicca, come a dire: «Tanto ci vediamo a Coverciano». Spalletti aveva già diffuso le convocazioni e la mezzala viola scendeva in campo per l’ultima partita del turno di campionato consapevole di essere in lista. Segnerà un gol ai campioni d’Italia e dirà dopo la gara di essere «strafelice» perla chiamata azzurra: per forza, sono passati tre anni dall’ultima volta e Bonaventura stesso non ci sperava più viste le 34 primavere sulle spalle e il ruolo in cui gioca, mezzala, l’unico in cui l’Italia ha l’imbarazzo della scelta. Invece Spalletti (nominato “Ambasciatore dello sport italiano nel mondo” dal vicepremier Tajani) gira l’Italia da un mese a questa parte, vede un centrocampista che sta dominando le partite in una grande Fiorentina e provvede alla chiamata: una mezzala così, in uno stato di forma del genere, non si può non convocare.

«L’altra volta ho fatto fatica a non chiamarlo. L’unica cosa su cui ero titubante era l’età, ma se quelli di questa età fanno vedere queste cose...» si chiamano, spiega il ct. Bonaventura è il primo esempio di meritocrazia spallettiana. Giochi? Bene. Giochi bene? Vieni a Coverciano. Jack non ci metteva piede da tre anni, dalla vigilia di Italia-Moldavia (7 ottobre 2020) al Franchi, il suo stadio, come se non potesse spostarsi troppo da casa perché muscolarmente fragile.

 

 

 

UN CONTENTINO

In quella amichevole ebbero spazio gli azzurri degli stage, quelli che non rientravano nei grandi progetti di Mancini. Fu un contentino, insomma. Eppure il Mancio all’inizio della sua avventura convocava Bonaventura con costanza: era sempre presente nei primi tre giri, dall’esordio contro l’Arabia Saudita (che ora Mancini allena, scherzo del destino) del maggio 2018 all’amichevole contro l’Ucraina dell’ottobre di quell’anno, penultima apparizione azzurra di Bonaventura. Poi, il nulla.

Il 34enne di San Severino Marche è tornato a Coverciano cambiando il modo di giocare, come fanno i calciatori intelligenti. Spiega Spalletti come: «È un po’ il Pellegrini della situazione. Ha una gestione della palla totale, tiro da fuori area, gol, inserimento. Parte mezzala ma sa diventare trequartista o allargarsi» e si candida per una maglia da titolare sabato contro Malta, per lasciare spazio a Tonali o Frattesi martedì in casa dell’Inghilterra.
Bonaventura non è più l’esterno “alla Camoranesi” che doveva passare dall’Atalanta all’Inter nel 2014 e invece finì al Milan per un colpo del Condor Galliani, che vendette l’allora 19enne Cristante al Benfica e girò quei 6 milioni alla Dea prima che i nerazzurri riuscissero a cedere Guarin. È una mezzala di possesso, associativa, perfetta per Italiano e Spalletti.

Quel Milan fu una condanna perché Bonaventura giocò in mezzo al malumore generale. Poi arrivò l’infortunio al ginocchio che lo tenne lontano dai campi per 244 giorni, praticamente l’intera stagione 2018/19, e lo consegnò a costo zero alla Fiorentina, unico club di livello a credere ancora in lui. Ora Jack contraccambia con 4 gol e 2 assist in 8 partite di campionato in mezzo a prestazioni totali possibili grazie alla gestione di Italiano (che lo risparmia in Conference League) e ad una squadra che non lo fa correre come un matto. L’ultima rete l’ha segnata a pochi passi da Di Lorenzo con cui aveva scambiato quello sguardo e con il quale si è rivisto ieri a Coverciano. Ecco, questi due sono tra quelli che, secondo il ct, «vengono volentieri». Il riferimento va ad uno Zaccagni che deciderà se aggregarsi, ad un Chiesa che valuterà se restare e a Sarri che spera nella mancata chiamata dei suoi. Spalletti avvisa: «L’Italia deve stare a cuore a tutti, e chi è convocato e ondeggia come un ebete in giro per Coverciano non avrà più possibilità di esistere calcisticamente con me». Perfetto. Più Bonaventura in azzurro, meno problemi.

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