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Jannik Sinner, la passione segreta: chi è davvero fuori dal campo

Leonardo Iannacci
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Il ragazzo con i capelli rossi che sta demolendo tutte le certezze dei mammasantissima con la racchetta - Alcaraz, Medvedev e, si spera, Djokovic - ha una passione: il burraco. Anzi due: i tortellini. Perfezionista di se stesso, è educato e un po’ timido. Ce lo racconta uno che lo conosce bene: il fisioterapista che ne cura i muscoli nei momenti più delicati. Giacomo Naldi, 34 anni, grande professionista nella cura dei campioni dello sport, è il professionista che gira il mondo nello staff di Jannik Sinner durante la rutilante stagione tennistica. Un passato nel basket («Per anni ho lavorato con la Virtus Bologna», dice), poi l’immersione in questa realtà esaltante che ha portato Sinner al numero 4 del ranking mondiale. E non è finita: da domani è tempo di Finals e Naldi è a Torino, ombra di Sinner.

Giacomo, quando è iniziato tutto con Jannik?
«Nell’ottobre dello scorso anno. Aveva fatto tappa nel mio studio di Casalecchio per recuperare dall’infortunio alla caviglia rimediato al torneo di Sofia contro Rune. Dall’inizio del 2023 sto lavorato con lui in uno staff incredibile, molto ben organizzato».

È arrivato lei e Sinner ha cominciato a volare: una coincidenza?
«Alt. Io dò il mio piccolo contributo ma il merito è di tutto il gruppo che sta lavorando con Jannik. Umberto Ferrara è un preparatore atletico top, Vagnozzi e Cahill sono coach incredibili».

Le Finals sono l’appuntamento al quale Jannik tiene di più?
«Sì, ha in mente questo obiettivo da tempo e il fatto che si giochi in Italia è motivo di orgoglio».

Il Gruppo Verde è complicato ma non troppo: Djokovic è il totem però Tsitsipas e Rune non sono in forma.
«Non sono un tecnico di tennis e Nole è sempre Nole. Occhio però agli altri due, già il debutto con Tsitsipas sarà preso con la dovuta cautela, conoscendo Jannik».

Atleticamente come sta il ragazzo?
«Bene. Ogni giorno lavora per migliorarsi sotto tutti i punti di vista, anche quello atletico».

Il ritiro, causa orari assurdi, da Parigi ha consentito a Sinner una preparazione ideale per le Finals?
«È stata una giusta decisione presa con tutto lo staff. Il fisico deve riposare e un atleta ha il bisogno di dormire bene».

La scorsa primavera Jannik è incappato in una serie di guai fisici: mal di stomaco, giramenti di testa, dolori muscolari. Le delusioni principali a Roma e Parigi. Poi tutto è passato.
«È stato il momento più delicato ma dal quale Jannik ha dimostrato di uscirne al meglio. Già a Wimbledon».

Quello londinese è lo Slam a cui tiene di più?
«Penso sia il sogno di chiunque. Lo scorso luglio ci è andato vicino arrivando alla semifinale».

Poi è arrivata la prima vittoria in un 1000, a Toronto: è stato quello il top?
«Un successo fondamentale per Jannik: vincendo in Canada si è sbloccato».

L’avversario che Sinner dipinge più ostico?
«Djokovic resta il più forte, quello da battere».

Quello più simpatico?
«Jannik va d’accordo con tutti, è un tipo accomodante e non cerca mai contrasti. Hurkacz, Rublev e Sonego sono i tennisti con i quali è più in sintonia».

E quello che ha più piacere di battere?
«Forse era Medvedev ma ora si è tolto il tarlo».

Quali i colpi che ha più migliorato?
«Questa è una domanda che dovete fare a Cahill e Vagnozzi. Posso rispondere così: per ottimizzare il servizio abbiamo lavorato molto sull’articolazione della spalla per rendere i muscoli meno rigidi. Poi Ferrara ha perfezionato il gioco di gambe, e si nota in campo».

Che tipologia di corporatura ha Jannik? Deve ancora rinforzarsi per arrivare al top? E dove?
«Non è un Alcaraz o uno Shelton, non ha la loro massa muscolare, è longilineo e alto. In questo ricorda Djokovic».

Ci racconta una passione segreta di Jannik?
«Il burraco. Nelle lunghe pause durante i tornei facciamo interminabili tornei. Ed è bravo, eh... Una sera siamo rientrati a Bologna dall’estero. Mia mamma ha preparato i tortellini che Jannik ha spazzato via in pochi minuti e, dopo, siamo finiti a giocare a burraco sino a tardi con i miei genitori».

Aveva un modello da bambino?
«I tre big: Roger, Rafa e Nole. Ma non mi ha mai svelato quale fosse il preferito».

Quando Pietrangeli ha detto che Sinner non avrebbe mai vinto tutto quello che ha vinto lui negli anni ’60, come ha reagito Jannik?
«Tranquillo, zero polemiche. Non me ne ha mai parlato, l’ho visto sempre sereno».

La sua timidezza è una leggenda?
«È timido ma questa è una caratteristica della sua straordinaria educazione. È un campione tranquillo. E lavorare con lui è un piacere».

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