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Jannik Sinner, Bertolucci e una clamorosa profezia: "Forse questa volta ci azzecca"

Leonardo Iannacci
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Walter Mattahau (Adriano Panatta) ha sparato un bel rovescio dopo la magia di Sinner contro Djokovic: «È sicuramente il nuovo Nole!». Jack Lemmon (Paolo Bertolucci) ha risposto con un diritto dei suoi: «Beh, Djokovic ha vinto 24 Slam, sarebbe la prima volta che quello che si aggiusta sempre il ciuffo ci prende...». Paolo e Adriano sono degli ex-ragazzi sempre irresistibili. Si beccano, si sfottono, recitano da doppisti incalliti come hanno sempre fatto, da 60 anni a questa parte essendo fratelli di vita e di tennis. A Torino si sono goduti ai microfoni- Bertolucci per Sky e Panattone per la Rai - la serata magica di Jannik e il 7-5, 6-7, 7-6 con il quale il rosso di San Candido, indemoniato, ha battuto in tre mosse il Cannibale serbo. Il giorno dopo, Bertolucci analizza l’impresa.

 

 



Davvero ha ragione Panatta? Sinner il nuovo Djokovic?
«Beh, quando lo vedi giocare in quel modo il sospetto ti viene e se anche uno come Adriano se ne è accorto... Scherzi a parte, Jannik ha toccato vertici qualitativi immensi».

Da numero 1?
«Io predico la calma: negli ultimi tempi ha battuto Medvedev e Nole, imprese che parevano complicate per il suo tennis. Ora ha acquisito sicurezza e la vittoria di martedì è un turbo nella sua autostima».

Paolo, lo scorso Ferragosto eravamo a Forte dei Marmi, sotto il sole, a chiederci perché mai Sinner non fosse riuscito a fare quel salto di qualità che tutti si aspettavano: cosa è cambiato in tre mesi?
«Jannik è riuscito a salire quel gradino che gli mancava in termini di sicurezza dei colpi. Ora sta benissimo anche fisicamente. Stasera deve giocare con Rune l’incontro che gli può regalare la semifinale, matematicamente potrebbe anche rischiare di non farcela. Ma io sono molto fiducioso».

 



Cosa aspettarsi da lui, di più?
«Tanto, ma lo lo lascerei stare. Vero che ha dimostrare di domare l’enorme pressione che ha attorno qui a Torino, città che si è rivelata per nulla fredda. Ma Jannik è destinato a diventare uno dei tre tennisti che domineranno la classifica nei prossimi anni».

Piccolo manuale tecnico di Jannik: come vede il suo rovescio?
«Resta il colpo migliore. Il corretto distanziamento dalla pallina e la semplicità del gesto, pur bimane, rendono questo gesto bellissimo».

Il diritto?
«Nei due colpi di rimbalzo è sicuro e colpisce fortissimo. Ha un timing perfetto nell’impatto. Deve perfezionare il lungo linea».

Il servizio?
«Ha spostato la posizione dei piedi e i movimenti delle spalle. Va a intermittenza ma qui a Torino ha servito bene. È il colpo che, a causa della sua altezza, ha dovuto modificare più spesso».

Gioco a rete?
«Lì dimostra di non essere nella sua comfort zone ma Cahill sta facendo un ottimo lavoro su di lui.
Per uno che era quasi impaurito quando scendeva a rete, le cose sono migliorate».

L’importanza dello suo staff è notevole, vero?
«Ormai i tennisti sono imprenditori che gestiscono una piccola azienda: due allenatori, tre-quattro preparatori atletici, il manager, l’addetto alle pubbliche relazioni. A soli 22 anni Sinner sta dimostrando una grande maturità per le necessità del tennis moderno».

Negli ultimi tre mesi ha non ha più sofferto dei dolorini e dei fastidi fisici che lo avevano limitato sino a Wimbledon...
«La maturità è stata mentale oltre che tecnica. Lui stesso ha spiegato che quei problemi allo stomaco o alla testa erano frutto di una certa mancanza di sicurezza».

 

Nicola Pietrangeli è andato giù duro su Jannik dicendo che non avrebbe mai vinto quello che lui aveva vinto negli anni ’60. Cosa ne pensa?
Non voglio entrare in queste polemiche. Dico solo: Nicola è stato Nicola e Jannik, ora, è Sinner».

Chi vincerà queste Finals?
«Questo tipo di manifestazione si differenzia troppo dai normali tornei tennistici. Gli otto campioni divisi in due gruppi con possibilità di andare avanti anche se perdi non si allinea con le regole di tornei ad eliminazione. Può ancora succedere di tutto».

Djokovic dopo la scoppola come reagirà?
«La sua storia tennistica ci ha proiettato l’immagine di un robot che assimila bene i ko, anche i più duri, e riparte da zero».

Alcaraz ieri ha vinto ma non sta convincendo, vero?
«Per il suo tennis deve essere sempre fisicamente al top e ultimamente ha sofferto piccoli malanni che lo hanno condizionato. Ma è un numero 1».

La prossima settimana ci sono le finali di quella che un tempo era la vera Coppa Davis. La rivinceremo, così lei e quello con il ciuffo vi libererete di un peso?
Beh, la squadra c’è, il campionissimo pure, perché no? Così almeno a me e a Walter Matthau non ci chiederete più del 1976, del Cile e di Pinochet!». 

 

 

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