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Jannik Sinner, l'intervista: "Federer il mio idolo, che onore battere Nole"

Hoara Borselli
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Ciao Jannik, come stai? Dopo 47 anni hai riportato la Davis in Italia. Come stai vivendo questo momento di incredibile successo?
«La mia gioia è indescrivibile, sono felice per tutta la squadra e per il nostro Paese. Vincere la Coppa Davis è il finale migliore per questa straordinaria stagione».

Jannik Sinner oggi ha 22 anni. Quando Panatta, Barazzutti e Bertolucci vinsero l’ultima e unica Coppa Davis italiana, nel 1976, mancavano ancora 25 anni alla nascita di Jannik. Anche perché sua mamma aveva solo 10 anni e andava alle elementari e suo padre 12 e andava alla scuola media. Chissà se i suoi genitori se la ricordano quella finale infuocata giocata a Santiago del Cile e che i comunisti italiani tentarono in tutti i modi di far saltare per contestare il Cile di Pinochet. Panatta se ne fregò delle contestazioni, indossò una maglietta rossa e andò a prendersi la Coppa. Non ci sono risvolti politici in questo successo dell’Italtennis, ma a livello sportivo vale tanto. Anche perché è stato possibile soprattutto grazie a Sinner, che ha giocato un finale di stagione da numero uno al mondo: pur perdendo all’ultimo atto delle Atp Finals di Torino, negli ultimi due mesi ha messo in fila una serie di successi clamorosi contro i tennisti più forti. Ha battuto Djokovic due volte su tre, l’ex bestia nera Medvedev in tre incontri consecutivi, senza dimenticare le vittorie contro Alcaraz, Tsitsipas e Rublev. È quasi un peccato che la stagione sia finita proprio adesso che Sinner si trova in condizioni fisiche e mentali straordinarie, che gli consentono di mandare al tappeto tennisti che fino a qualche tempo fa sembravano ancora lontani. La distanza tra lui e i migliori non esiste più e ciò fa ben sperare in vista dell’anno nuovo, quando torneranno gli Slam. Intanto però il tennis azzurro può godersi l’inebriante vittoria in Coppa Davis.

 

 

 

Jannik sei contento di aver fatto questo bel regalo all'Italia? Appena un anno fa nessuno avrebbe potuto immaginarlo...
«Sono felice e orgoglioso di essere italiano e di rappresentare il mio Paese».

Quanti anni avevi quando hai iniziato a sognare di diventare il numero 1 al mondo nel tennis?
«Non me lo ricordo esattamente ma so che è sempre stato il mio sogno da bambino».

La tua famiglia ti ha aiutato?
«La mia famiglia è sempre stata una parte fondamentale per la mia crescita. Senza di loro non sarei quello che sono oggi. Mi hanno insegnato dei valori importanti. E me li porto dentro. Sono sempre stati al mio fianco.

Da bambino chi era il tuo idolo?
«È sempre stato Roger Federer. Sognavo di giocare con lui ma purtroppo non è mai capitato. Chissà se un giorno potremo fare un’esibizione insieme. Mi piacerebbe moltissimo. È una bravissima persona oltre ad essere un grande campione».

Tu rischi di diventare il più grande tennista italiano di tutti i tempi. Cosa pensa dei campioni che c’erano prima di te: Panatta, Pietrangeli?
«Il nostro Paese ha tanti grandi tennisti e tante grandi tenniste. Adriano e Nicola hanno fatto tantissimo per il nostro bellissimo sport. Non dimentichiamo Francesca Schiavone e Flavia Pennetta che hanno vinto uno Slam, come hanno fatto anche Simone Bolelli e Fabio Fognini in doppio».

Prima a Torino, poi due volte in Coppa Davis. Battere il numero uno al mondo, Djokovic, in singolare, annullandogli addirittura tre match point, e poi anche in doppio, non è certo un’impresa di tutti i giorni. Non credo sia riuscita a molti. Oltre a talento e forza fisica occorre una capacità straordinaria di reggere la tensione e di credere fino in fondo di potercela fare.
«Io mi concentro solo sul punto successivo da dover conquistare. Io ci credo sempre fino alla fine. La bellezza del nostro sport è anche quella: che la partita non è finita fino all’ultimo punto. Sono molto orgoglioso di queste vittorie contro Djokovic e voglio anche ringraziare il mio compagno di doppio, Lorenzo Sonego, con cui abbiamo vinto quel match importantissimo».

Nel tuo vasto repertorio di colpi è difficile trovarne uno più debole degli altri. In cosa pensi di dover ancora migliorare?
«Lo dico da sempre: ogni giorno possiamo migliorare. Si deve lavorare su ogni aspetto del gioco, sia tecnico che fisico e mentale. È questo che cerco di fare ogni giorno con il mio team».

 

 

 

Che effetto ti fa aver riportato la Davis in Italia?
«Ne sono onorato e super felice. Poter festeggiare questo momento storico insieme ai miei compagni e allo staff della Federazione Italiana è fantastico. È una grande gioia per gli italiani che sono venuti fino a qui a Malaga, e per tutti quelli che stanno a casa e hanno tifato per noi. È una cosa grande. Lo ripeto che la stagione non sarebbe potuta finire meglio di così».

Chi pensi saranno, oltre a te, i più forti nei prossimi anni?
«Alcaraz ha dimostrato di essere un grande campione. Rune ha giocato una bella stagione e poi c’è sempre Djokovic. Ci sono moltissimi giocatori forti e sarà molto interessante seguire il futuro del tennis».

Dove hai trovato la forza per giocare il singolo e poi il doppio?
«È merito del lavoro fatto durante l’anno».

Cosa mi dici sulla squadra?
«In questa stagione abbiamo sofferto, ma siamo una squadra unita, e ognuno di noi può sorridere di questo successo. Chiudere così la stagione è bellissimo, ci dà molta energia per preparare la prossima».

Sei tifoso di calcio?
«Ovviamente da italiano seguo molto il calcio».

Per quale squadra tifi?
«Sono milanista e quando posso guardo sempre le partite dei miei rossoneri».

La Coppa è conquistata, e adesso?
«Ho lavorato tanto anche quando ero stanco, ora mi riposo per prepararmi al meglio alla prossima stagione». 

 

 

 

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