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Jannik Sinner, "costava troppo": la rivelazione, "gioventù mai avuta"

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L'obiettivo di diventare il numero 1 nel mondo del tennis è costato tanto a Jannik Sinner: fatica, concentrazione e dedizione totali, sacrifici. A ripercorrere la scalata del talento di San Candido è Andreas Schönegger, il suo primo allenatore, intervistato dal Corriere della Sera

"Se perdeva non piangeva ed è bravo anche a con il calcio e con il golf. Gli piace fare scherzi e non si monterà la testa", spiega l'allenatore tratteggiando il carattere di Jannik, numero 4 del ranking Atp protagonista di un finale di 2023 clamoroso, tra secondo posto alle Atp Finals di Torino e la storica vittoria in Coppa Davis con l'Italia a Malaga. 

 

 

 

L'intervista risale allo scorso novembre, prima dunque degli exploit che hanno fatto di Sinner uno dei personaggi (non solo sportivi) in copertina dell'ultimo anno. "Jannik aveva tre anni e mezzo e la madre mi aveva pregato: 'Portamelo fuori casa perché me la sta distruggendo' - ricorda l'allenatore -. Giocava con la racchetta del papà facendo rimbalzare la pallina su specchi, porte, finestre". 

In realtà, Schönegger è amico di famiglia e conosceva il piccolo Jannik già in versione aspirante sciatore. Primo torneo da baby tennista? "Avrà avuto 5 anni e mezzo: era due spanne più basso degli altri, perché era la categoria under-8, e lo prendevano sottogamba. Invece vinceva. Dovevo spiegargli: vai a stringere la mano al tuo avversario, hai vinto. Non sapeva nemmeno contare i punti". Voleva vincere, spietail tecnico, ma "se perdeva non piangeva, non cedeva alle emozioni. Non è cambiato. È forse la prima cosa che gli ho insegnato: per vincere devi saper perdere, se hai paura della sconfitta non vincerai mai. Il tennis non è il calcio, sei solo: o vinci o perdi, nessuno ti aiuta".

 

 

 

Già da piccolino il suo miglior colpo era il rovescio. "L'impostazione era buona, non c'erano errori gravi, ma la vera tecnica l'ha appresa poi da Riccardo Piatti. Negli ultimi anni, passando da Piatti a Darren Cahill, si è concentrato molto sulla volèe e sulla battuta ed è migliorato". I suoi pregi sono sempre gli stessi: "La sua forza, l'agilità e la velocità. È uno che lavora sodo e non si accontenta, prova all’infinito: è un perfezionista".

"Che da un paesino così piccolo e sperduto tra le montagne, con 1.900 abitanti, venga fuori il numero 4 al mondo ha davvero dell'incredibile - riflette Schönegger -. Quattro anni fa abbiamo fatto una scommessa: secondo me nel 2024 diventa il campione assoluto. Con un po' di fortuna, senza infortuni, ha tutte le carte per essere il numero uno". Sarebbe il frutto di una vita con il tennis al centro di tutto: "Pensa solo a quello e sa mantenere l'equilibrio. Quando viveva a Bordighera iniziava a guadagnare bene ma non prendeva mai il Frecciarossa. 'Costa troppo'. Non ha mai preso una sbronza, che io sappia. La sua vita era solo tennis e scuola, finché ha potuto coniugare studio e sport: poi ha dovuto dare la maturità di ragioneria da privatista a Bolzano. Non ha mai avuto una vera gioventù e ancora oggi si diverte con un giro in mountain bike, un'escursione in montagna. Ma esiste solo il tennis: la sua vita, il suo lavoro, la sua fissazione, il suo amore".

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