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Adriano Panatta e la morte: "Ogni ora e mezza", la rivelazione spiazzante

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"Penso di morire ogni ora e mezza". Gioie, dolori, amori e segreti di Adriano Panatta, il tennista italiano più famoso della storia almeno fino all'arrivo di Jannik Sinner, il fenomeno di San Candido che a soli 22 anni lo ha prima imitato, vincendo la Coppa Davis e poi uno slam (Roland Garros nel 1976 il romano, Australian Open quest'anno l'altoatesino) e poi superato (nella classifica Atp, in cui Panatta è stato al massimo quarto, mentre Jannik è già terzo con vista sul secondo posto). 

Intervistato da Repubblica, il 73enne ex capitano della Nazionale in Davis famoso per il suo fascino e il gusto per la bella vita ammette la sua ipocondria, mista alla nota ironia con cui delizia gli appassionati di racchetta sia in tv, alla Domenica sportiva, sia in Rete con il podcast condotto insieme all'amico di una vita Paolo Bertolucci: "Mi sento ancora bene, ma ho qualche doloretto. Sono un po' ipocondriaco, ogni due per tre, dico a qualcuno: 'Penso di morire entro un'ora e mezza'. Poi i minuti passano e annuncio: 'Forse non muoio più'". Per fortuna, verrebbe da dire.

 

 

 

Al suo fianco, dopo tanti flirt famosi e strombazzati, c'è la compagna Anna Bonamigo, conosciuta nel 2013: "Mi sono sposato per una ragione semplice, perché mi sono innamorato di una donna stupenda. Sto così bene con lei che sono diventato anche una persona seria".

Disconosce la fama di playboy che lo ha sempre accompagnato fin dai ruggenti anni Settanta: "Non mi ricordo di aver mai fatto tanto la corte, ho un forte senso del pudore. Mai, per carità di Dio, fare la figura del provolone. Mi interessano le donne intelligenti con cui riesci a parlare, altrimenti sto per conto mio". "Da ragazzo volevo sposare Mina - ricorda -, ero troppo giovane. Loredana Bertè? Non ci sentiamo. L'ho incontrata qualche volta da Fazio, le voglio molto bene. E' una ragazza che ha un grande cuore".

 

 

 

Gli altri grandi amori della sua vita sono i tre figli, Niccolò, Alessandro e Rubina: "Sono stati liberi di fare quello che gli piaceva - spiega -. Sono stato anche troppo buono, mai stato un genitore severo, non riuscivo a esserlo. Poi ci stavo poco, ero in giro per lavoro". D'altronde, riflette, "essere protettivi in maniera malsana è tossico, guardi cosa succede a scuola, con i genitori che insultano, o peggio, menano i professori". Oggi non c'è più spazio per il tennis giocato ("Mi fa arrabbiare troppo"), mentre il rapporto "allegro" con i soldi è sempre lo stesso: "Mai stato oculato, mi sono goduto la vita e se potevo stare bene mi dava gioia far stare bene anche gli altri".

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