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Mathieu Van der Poel, la dura vita: perché è il ciclista più odiato al mondo

Giampiero De Chiara
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Se in francesi si incazzavano, una volta, per l’italiano Gino Bartali, ora i belgi lo fanno per l’olandese Mathieu van der Poel. Il super campione di ciclismo orange, ma nato in Belgio, portabandiera di un team belga (Alpecin), fresco vincitore in sette giorni del Giro delle Fiandre (terzo successo in carriera) e della Parigi-Roubaix (perla seconda volta consecutiva) è tanto “odiato” perché vince molto ed è l’acerrimo rivale di Wout van Aert e Remco Evenepoel, beniamini dei tifosi belgi. Una antipatia sportiva, tra belgi ed olandesi, che è storica come quella tra italiani e francesi.

Due rivalità che nascono da lontano, ma che, nel caso di Van der Poel, è sfociata nell’odio. Mathieu è figlio e nipote d’arte: il padre Adrie, negli anni ottanta, è stato campione di ciclocross e di ciclismo su strada; il nonno Raymond Poulidor era conosciuto come “L’Eterno Secondo” per i tanti piazzamenti sul podio, ma con poche vittorie nonostante le grandi qualità. Domenica scorsa il belga sulle strade della Parigi-Roubaix infatti è rimasto vittima di un doppio tentativo di sabotaggio. Prima è stato bersagliato da alcuni lanci di birra dagli spettatori e poi, mentre era in fuga in solitaria, una donna, a 40 gli ha tirato contro un berretto per infilarlo tra le ruote della bici.

 

 

FORTUNATO - «Ho visto che è stato lanciato qualcosa di bianco dietro di me. Evidentemente non a tutti piace che sia in testa alla corsa, ma non mi interessa», ha rivelato il campione belga al traguardo. La fortuna l’ha aiutato, perché se fosse caduto il belga sarebbe finito a terra e oltre a perdere la gara avrebbe rischiato di farsi molto male sul pavé. Non è la prima volta che viene preso di mira. Il giorno di Pasqua, quando ha trionfato nel Giro delle Fiandre, alcuni tifosi belgi gli hanno gettato ancora della birra. In rete circola un video di una gara di ciclocross in cui Van der Poel si avvicina al pubblico e sputa. Tante polemiche per quel gesto.

Lo stesso ciclista in seguito ha spiegato che un gruppo di supporter di Van Aert, ad ogni giro, gli gettava addosso birra e urina. «Mi avevano riempito di insulti e la cosa si ripete a ogni gara, al punto che sono davvero stufo. Non la smettevano di gridarmi contro, lo hanno fatto fin dal riscaldamento. Che cosa mi dicevano? Chiedetelo a loro, io non lo ripeto, ma dopo un po’ è troppo anche per me. Certi comportamenti non dovrebbero avere spazio». Soprattutto nel ciclocross la rivalità Belgio-Olanda è molto sentita. Quest’anno Van der Poel ha corso 13 gare e ne ha vinte 12, quasi tutte in terra belga battendo sempre Van Aert.

 

 

Inoltre l’olandese che fa “impazzire” i belgi quest’anno indossa anche la maglia di campione del mondo su strada, portata via all’altro grande belga Evenepoel. Ma questo feroce campanilismo ha travalicato la lealtà sportiva di molto.

Il sindacato corridori ha chiesto infatti sanzioni severe contro la tifosa che ha lanciato il cappellino alla Roubaix. Una caduta di stile che non è nuova nel mondo del ciclismo: nel 1950 con Fiorenzo Magni in maglia gialla al Tour de France la squadra azzurra (all’epoca correvano le nazionali) si ritirò perché Gino Bartali accusò i tifosi francesi di averlo aggredito in corsa facendole cadere. Fatti negativi di un ciclismo antico e lontano che però sembrano non essere stati completamente debellati, neanche oggi nel mondo ultraprofessionistico delle due ruote. 

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