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Parigi 2024, Imane Khelif può combattere? La guerra del Cio dietro lo "scandalo intersex"

Emiliana Dal Toso
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Agli ultimi Mondiali del 2023, Imane Khelif è stata squalificata poco prima dell’incontro per il titolo contro la cinese Yang Liu, per aver fallito un test di idoneità di genere. Stessa sorte per la taiwanese Lin Yu Ting, anche lei presente a Parigi. Stando al russo Umar Kremlev, presidente dell’Iba (International Boxing Association), la pugile algerina (come la taiwanese) possiede cromosomi XY, quindi maschili. Il Cio, tuttavia, ha affermato che entrambe fossero state squalificate per gli alti livelli di testosterone riscontrati nel sangue, non per un “dna maschile”. Dunque non ci sono elementi per considerare la 25enne Imane Khelif «una donna trans».

Cresciuta nel villaggio rurale di Tiaret, Imane da adolescente era una buona calciatrice, ma a causa dell’ostilità dei ragazzi che non vedevano il calcio come un gioco adatto alle ragazze, si è data alla boxe, anche spinta dall’abitudine del dover schivare i pugni dei suoi coetanei, che la vessavano.

 

 

 

Figlia di un saldatore e di una donna che per tirare avanti vendeva cous cous, da ragazzina raccoglieva metallo da portare ai centri di riciclo per guadagarsi i soldi per andare ad allenarsi in bus. La sua carriera svolta quando riesce a partecipare per la prima volta ai Mondiali nel 2018, dove arrivò diciassettesima: «Non lascio che gli ostacoli mi fermino, resisto a qualsiasi cosa e la supero. Il mio sogno è vincere una medaglia d’oro. Se vinco, madri e padri vedranno fin dove potranno arrivare i loro figli. Voglio ispirare le ragazze e i bambini svantaggiati in Algeria», ha dichiarato al portale Unicef del quale è ambasciatrice.

Certo, dietro al caso Khelif ci sono molti punti oscuri (e politici), che partono dalla guerra in atto tra l’Iba e il Cio. L’ente che governa il pugilato dilettantistico è finanziato da Gazprom e all’interno delle sue competizioni ammette sia gli atleti che le bandiere di Russia e Bielorussia. Da giugno 2023, per “rappresaglia”, il Cio ha smesso di riconoscere l’Iba, arrivando al punto di vietare all’ente pugilistico “filorusso” l’organizzazione dei tornei di pugilato di Parigi. Il sospetto che si cela dietro alla presenza delle due atlete è che, grazie alla balla ipocrita dell’inclusività, non si sia fatto altro che portare avanti la guerra contro le posizioni di coloro che ilpresidente del Cio, Thomas Bach, considera amici di Putin. Secondo l’ente olimpico, Khelif sarebbe iperandrogina, ovvero una donna che produce ormoni maschili in eccesso, in particolare di testosterone.

 

 

 

In “difesa” della Khelif ci sono i risultati sportivi, mai convincenti: alle Olimpiadi di Tokyo, vinse solo un incontro, e fu eliminata ai quarti dall’irlandese Kellie Harrington; ai Mondiali del 2022, perse in finale contro un’altra irlandese. Agli ultimi Mondiali, però, la messicana Brianda Tamara, sconfitta, ha dichiarato di non essersi «mai sentita così male in tredici anni di pugilato, nemmeno quando mi misuravo contro sparring partner uomini». E nel febbraio del 2021, in un torneo in Bulgaria, Khelif batté anche Alessia Mesiano, fresca eliminata da Parigi.

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