Sono persino riusciti a far diventare virale un insipido post, un pensierino da terza elementare che però, standardizzato dalle formule comunicative dei social, viene replicato alla bisogna cambiandone il soggetto e contrabbandato come un aforisma degno di Oscar Wilde: «Kelly #Doualla che canta l’inno di Mameli meglio di Vannacci è la cosa più bella che vedrete stasera». Il tutto convinti di fare un buon servizio alla nuova stella dell’atletica italiana e utilizzando nuovamente - scientificamente, anche se qui parlare di scienziati è una bestemmia - un’atleta di colore che vince per attaccare una volta il governo, una volta il centrodestra, una volta per invocare lo Ius Soli. Ma chi davvero si adopera per combattere ogni discriminazione dovrebbe smettere di arruolare quindicenni da manipolare come strumenti politici. È un modus operandi meschino, scorretto e irritante. C’è da sorprendersi - e trattare alla stregua di un gesto di profonda integrazione- il fatto che che Kelly, nata a Pavia nel 2009, sia capace di cantare l’inno nazionale?
E dire che qualcosa di molto simile è successo soltanto la settimana scorsa. Sara Curtis (compirà 19 anni fra una settimana), diamante grezzo del nuoto italiano, è stata tirata in mezzo per presunti commenti razzisti dopo i suoi exploit ai Mondiali di Singapore, peccato che quei post sui social risalissero a mesi prima e la stessa Sara aveva buttato tutto dietro alle sue spalle larghissime. E si è chiaramente incazzata dopo le giornalate che raccontavano il falso: «Non ho ricevuto insulti di nessun genere e se li avessi ricevuti mi avrebbero trasmesso ancora maggiore grinta. Il razzismo resta un tema sociale ovviamente importante, però rimacinare sempre sopra le cose quando non succedono non è bello».
Adesso anche Kelly Doualla diverrà vittima inconsapevole di questa sorta di “Operazione Egonu”: è quella crociata buonista portata avanti dai media e dai personaggi che sostengono di combattere per azzerare le differenze, ma per farlo le sottolineano sistematicamente, inopinatamente, inutilmente eleggendo la star di turno a loro feticcio. Lo abbiamo visto con l’Italvolley femminile, rappresentativa nazionale di riferimento mondiale: la vittoria di due Nations League di fila e dello storico oro olimpico a Parigi la piazzano sopra a tutte le altre. Non sfuggirà come a lungo il titolone canonico dopo ogni vittoria sia stato “Egonu trascina l’Italia”. Se giornalisticamente è una sintesi a volte comprensibile, il messaggio che esce è che in qualche modo senza le altre “si può fare”, senza Paola no. Con le protagoniste ben consapevoli quanto sia lontano dalla realtà la lettura che in quel gruppo vincente plasmato da Velasco l’individualità e la classe di Paola avrebbero potuto vincere da sole e non, per esempio, anche grazie all’intuizione di ruotarla con Antropova, martello micidiale e giocatrice esagerata, ma certamente molto meno mediatica.
Eppure, la stessa storia si ripropone oggi. Agli Europei Under 20 di atletica, a Tampere, ieri la staffetta femminile 4x100 ha divorato il tartan portando a casa un oro clamoroso con record italiano (43”72, grazie anche alla squalifica della Germania in semifinale, altrimenti saremmo stati fuori). Alice Pagliarini è stata una molla ai blocchi, Elisa Valensin ha ricevuto il testimone con un po’ di palpitazioni per colpa di un cambio lunghissimo ma l’ha recapitato a Margherita Castellani che, al termine di una gran curva, ha messo il successo in banca lanciando Doualla, imprendibile, capace di bruciare e staccare le rivali sul traguardo. La sintesi, immancabile, quasi attesa, è stata “Kelly Doualla trascina l’Italia, oro nella staffetta 4x100 agli Europei Under 20” (Repubblica); “Euro U20: è ancora super Doualla, oro per le Azzurre nella 4x100” (La Stampa); “Doualla show, tempo super e oro anche nella staffetta” (Corriere della Sera). Potremmo andare avanti, la musica l’avete capita. Sembra che Doualla per quanto superiore nei tempi e decisiva, vedi il 10”30 lanciato della sua frazione -, abbia corso da sola, con le altre ragazze ridotte a comprimarie. Un favoritismo mediatico che è lo stesso “non capitato” nei confronti di Erika Saraceni, triplista italiana che nello stesso giorno dell’oro di Doualla sui 100 metri ha trionfato nel salto triplo: 14,24 per il nuovo primato italiano, che durava da 24 anni. Eppure Erika ha dovuto dividere la giornata di gloria con Kelly e quindi l’automatismo del “media unico” è entrato in azione, riservando le copertine a Kelly e lasciando ritagli alla bionda milanese. Ma ha senso ritenere che l’oro di un’italiana di colore faccia sempre più notizia? Eppure «in Nazionale nessuno si accorge che il collega o la collega hanno la pelle di colore» sintetizza il direttore tecnico Antonio La Torre. Ricapitoliamo: Kelly Doualla Edimo (100m) oro; Erika Saraceni (salto triplo) oro; Francesco Crotti (salto triplo) oro; Diego Nappi (200 m) oro. Il futuro dell’Italia è in buone mani e buoni piedi. Non sporchiamolo.