Aldo Serena, nato “Antonio” — ma per decisione della nonna registrato all’anagrafe come Aldo, in memoria del nonno — racconta alla Gazzetta dello Sport un percorso di vita e di carriera fatto di passioni, sliding doors e momenti indimenticabili. “Sono Aldo, ma a Montebelluna per tanti sono rimasto Tonino”, spiega, ricordando l’infanzia nella fabbrica di scarpe di famiglia e l’emozione del debutto in Serie A con l’Inter, davanti agli operai che lo avevano visto crescere.
Dall’idolo Rivera al basket jugoslavo, fino all’etichetta di giocatore “forte dalla cintola in su” affibbiatagli da Gianni Agnelli: Serena ha sempre intrecciato calcio, cultura popolare e aneddoti singolari. Memorabile quello legato al suo passaggio dalla maglia dell’Inter alla Juventus, annunciato dal presidente Ernesto Pellegrini la sera del primo concerto di Bruce Springsteen a San Siro: “Uscii dallo stadio prima dei bis del Boss per andare a firmare la cessione. Mentre mi cambio i vestiti, perché sudato, da un cespuglio spuntano due giornalisti, Franco Ordine e Fabio Monti — racconta — Salgo e Pellegrini mi annuncia la cessione alla Juve in cambio di Tardelli. Scendo e vengo torchiato dai due cronisti”.
Milan, il bomber viene dall'Africa: il nome che spiazza la Serie A
Il Milan ha puntato con decisione su Victor Boniface , attaccante del Bayer Leverkusen. Alla ricerca di un nuovo centrav...Il viaggio tra Inter, Juve e Milan lo porta a vivere ambienti diversissimi: dal Milan scalcagnato di Farina, che affittava Milanello per matrimoni, al Milan rifiorito di Berlusconi, passando per la Juve organizzata come un orologio svizzero e impreziosita dalla guida silenziosa di Gaetano Scirea. Platini lo volle accanto a sé: “Mi chiese di appoggiargli di testa i palloni per tirare. Con il sorriso, ma era un ordine mascherato”. L’apice e l’ombra restano legati a Italia ’90: il gol all’Uruguay e il rigore sbagliato in semifinale contro l’Argentina. “Non ero un rigorista, mi sentii le gambe di marmo. La porta diventava sempre più piccola”.
Curiosa fu la gaffe con la figlia dell’ex c.t. della Nazionale, Arrigo Sacchi: “Estate 1994, ai Mondiali americani — ricorda Serena — In tribuna, accanto a due ragazze bionde, inveii contro Sacchi perché volevo in campo Nicola Berti. A fine partita una di loro si gira e mi dice: 'Sono Federica Sacchi, la figlia del c.t.'. Volevo sprofondare, poi ci chiarimmo a una festa a Soho. Poi la tv, con l’esordio a Mediaset e la scoperta che i toni, in telecronaca, valgono quanto il contenuto. Oggi, dopo 17 finali di Champions raccontate, Serena guarda indietro con gratitudine: “L’Olimpiade di Los Angeles 1984, pur senza medaglia, fu la magia più grande: lì ho trovato l’essenza dello sport”.