Gp d'Italia, Fittipaldi: "Hamilton a Monza cambierà marcia, qui la Ferrari sempre fortissima"

di Lorenzo Pastugliasabato 6 settembre 2025
Gp d'Italia, Fittipaldi: "Hamilton a Monza cambierà marcia, qui la Ferrari sempre fortissima"

3' di lettura

Monza è casa sua, sulla pista dove nel 1972 si prese il primo dei due Mondiali Piloti della carriera. Emerson Fittipaldi, 78 anni, ricorda le emozioni più grandi in Brianza, senza dimenticare l’amico Niki Lauda, che 50 anni fa sulla stessa pista conquistò anche lui il Mondiale. Il primo titolo a Monza, posto migliore non c’era. «Monza è la F1. Cinquantatré anni fa qui vinsi per l’unica volta e poi anche il titolo, non potevo chiedere di meglio. E poi è bellissimo che anche il mio amico Niki (Lauda) conquistò qui il primo Mondiale Piloti nel ‘75. Ma di Niki a Monza ricordo più un altro episodio».

Quale? 
«Il coraggio con il quale nel ’76 si presentò al circuito 42 giorni dopo il rogo del Nürburgring. Tornare a correre con la Ferrari, con le ferite ancora aperte che si aprivano sotto il casco, fu un gesto che ispirò tutti gli sportivi».
Suo fratello Wilson (stesso nome del papà) gli fece un bello scherzetto in Sudafrica. 
«A Kyalami, nel ’75, trovò un cobra di gomma nei pressi del circuito. Subito lo prese senza paura, e lo mise di nascosto nella Ferrari di Niki. Quando poi entrò nell’abitacolo, uscì di corsa urlando “C’è un serpente nella mia auto”. Un bello spavento».
Prima di quella Monza ci fu quell’aneddoto che lo lega a Enzo Ferrari. 
«La notte dell’incidente di Lauda, in Germania, ero in ospedale con sua moglie Marlene. Il mio medico personale, Rafael Grahares, era dentro con Niki e i dottori tedeschi: mi disse che aveva il 50% di possibilità di sopravvivere, che gli facevano trasfusioni continue per dargli ossigeno. A mezzanotte poi ricevetti una telefonata dal Commendator Enzo: mi propose di guidare la sua macchina in Brianza. Io rifiutai, perché correvo già con il mio team (Fittipaldi)».
Il primo Mondiale in Brianza sulla Lotus arrivò in maniera rocambolesca. 
«Ricordo la chiamata di Peter Warr (allora direttore tecnico della Lotus, ndr) mentre ero in hotel a Monza prima del weekend. Mi disse: “Emerson, abbiamo un problema”. Il camion che trasportava la mia auto si era cappottato e la Lotus andò completamente in frantumi. Così Colin Chapman (fondatore e progettista del team) fece portare in Italia la 72D di riserva: il venerdì fu un disastro alla guida, il sabato migliorammo, la domenica prima della gara c’era un problema di pompaggio della benzina e non si sapeva se avessi partecipato o meno. Poi andò tutto benissimo, vinsi davanti a Mike Hailwood (sulla Surtees)».
Ci pensa spesso a quel titolo? 
«Ogni volta che vengo all’Autodromo Nazionale. E la coppa di quel Mondiale la tengo in bella vista nel mio ufficio di San Paolo. Ricordo la tensione negli ultimi tre giri di gara, poi la grande festa al “Cafe do Brasil” di Milano. Ballammo fino alle 3 di mattina, quindi partii per la Svizzera, dove vivevo allora. Se dovevo vincere lontano dal Brasile, non avrei scelto altra pista diversa».
Per Hamilton è la prima a Monza con la Ferrari, in una stagione caotica. Che consiglio gli daresti per risollevarsi? 
«Gli direi di iniziare subito il weekend di Monza con la testa giusta: il talento non l’ha mai perso, fisicamente è in forma e mentalmente deve solo credere in se stesso. La Ferrari a Monza è sempre stata fortissima, anche negli anni difficili. Poi i tifosi ti spingono come succedeva a me nel GP del Brasile: lì davo sempre il 110%, e sono certo che Lewis farà lo stesso».
Con il ritiro di Lando Norris in Olanda, Oscar Piastri ora ha 34 punti di vantaggio. Un bottino importante. 
«Oscar è un pilota freddo, sbaglia pochissimo sotto pressione. Ricorda proprio Lauda, che era un calcolatore e massimizzava quando sapeva che in una gara non poteva vincere. Ma la stagione è lunga, e per vincere un Mondiale serve anche la fortuna».
Verstappen prima di Monza non ha chiuso le porte a un passaggio in Ferrari, ma solo in caso di auto competitiva. 
«Tutti i piloti, da me ad Ayrton Senna, hanno sempre sognato di guidare la Ferrari. Max guarda solo al lato competitivo, ma io credo che la Rossa con i nuovi regolamenti 2026 possa tornare davanti. Fossi in lui ci penserei».
In carriera avrebbe potuto correre per la Ferrari anche in una seconda occasione. 
«Nel ’71 Enzo mi cercò perla stagione seguente. Ne parlai con lui, ma il problema è che mi voleva nei prototipi e io invece preferivo concentrarmi su F2 e F1, così declinai».