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Calcio-scommesse, 29 anni fa

il primo scandalo del pallone

Albina Perri
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Erano le ore 17 del 23 marzo 1980, una tranquilla domenica d'inizio primavera, quando neii principali stadi italiani si presentarono i carabinieri per arrestare alcuni fra i più noti giocatori di serie A, accusati di aver truccato delle partite di campionato. Cominciò così lo scandalo del calcio-scommesse. Il via all'operazione la diede la deposizione di un fruttivendolo, Massimo Cruciani, alla Procura della Repubblica di Roma. Costui parlò del suo tracollo economico, cominciato quando un suo amico, Alvaro Trinca, proprietario di un ristorante, gli fece conoscere alcuni giocatori laziali, clienti abituali del suo locale. Il fruttivendolo era un appassionato di scommesse clandestine. I calciatori gli parlarono della possibilità di truccare alcune partite per fare soldi scommettendo su risultati "sicuri". Cruciani accettò. Il gioco era semplice: giocatori di diverse squadre si accordavano per aggiustare determinate partite. Si puntavano soldi al totonero e si spartiva la vincita. Ma nel meccanismo, all'apparenza impeccabile, qualcosa s'inceppò e per Cruciani cominciarono i guai finanziari. Successe, infatti, che una partita che sarebbe dovuta finire in parità (Taranto-Palermo, di serie B), fece registrare un altro risultato. Per il fruttivendolo, che aveva puntato tutto sul pareggio (160 milioni di lire, oltre ad una somma anticipata per conto di un giocatore del Palermo e uno del Taranto) fu un colpo durissimo. Il conto di Cruciani andò improvvisamente in rosso di 180 milioni di lire. Il giocatore del Palermo, per sdebitarsi, gli suggerì due risultati “sicuri”: il segno 1 su Vicenza-Lecce e Milan-Lazio. Cruciani non ebbe scelta, si fidò ma gli andò di nuovo male: il Milan vinse contro la Lazio ma a Vicenza fu 1-1. Ormai sul baratro finanziario, inseguito da individui non raccomandabili che giravano attorno al mondo del totonero, Cruciani si decise a denunciare tutto ai magistrati. Le sue dichiarazioni coinvolsero Avellino, Genoa, Bologna, Juventus, Perugia, Napoli, Milan e Lazio. Tra i giocatori menzionati vi furono Savoldi, Zinetti, Colomba, Dossena e Petrini del Bologna, Agostinelli e Damiani del Napoli, Paolo Rossi, Casarsa e Della Martira del Perugia, Girardi del Genoa, Magherini del Palermo. Cruciani e Trinca vennero arrestati per truffa. Le manette scattarono anche per Giordano, Cacciatori, Wilson, Manfredonia, Albertosi, Morini, Casarsa, Della Martira, Zecchini, l'avellinese Pellegrini, Magherini, Girardi, Merlo e il presidente del Milan, Felice Colombo. Lo scandalo risparmiò la Juventus del cui coinvolgimento scrisse Carlo Petrini, ex giocatore del Bologna, in un suo libro. Petrini riferì di un pareggio combinato nell'incontro di campionato Bologna-Juventus del 13 gennaio ‘80. Ricordò anche che ii dirigenti juventini convinsero Cruciani a non presentarsi all'udienza per testimoniare sulla partita tra bianconeri e rossoblu. Così la Juve uscì indenne dalla bufera, mentre Milan e Lazio furono condannate alla retrocessione. Alcuni mesi dopo la giustizia ordinaria sentenziò l'assoluzione per tutti i protagonisti della vicenda.  Ariel Feltri

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