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Zona Bianca, Brindisi sconvolto dal rapper arabo: "Mi inquieti", occhio alla maglietta

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"Ayub è un rapper, e ha anche avuto qualche problema con la giustizia". Giuseppe Brindisi, a Zona Bianca su Rete 4, si collega a Roma con il musicista che già una settimana fa, in studio, aveva sottolineato di sentirsi "arabo musulmano" prima che italiano.

 

 

Una considerazione, orgogliosa, che aveva sollevato un vespaio di polemiche in tema di integrazione e ius scholae, anche perché il ragazzo era di fatto l'emblema di una fetta di giovani figli di immigrati di prima o seconda generazione sempre più attratti dalla criminalità comune e dalla microdelinquenza che dalla legalità e dal rispetto delle leggi (italiane).

 

 

 

Se per molti ragazzini, non solo stranieri o figli di stranieri, la microcriminalità fa parte di uno stile di vita "da gangster", molto "alla moda", Ayub ha però aggiunto un elemento ulteriore alla discussione, quello dell'orgoglio culturale e religioso. "Mi inquieta vedere che avete tutti una maglia, e sulla maglia c'è scritto 'Arabo'", sottolinea Brindisi a inizio di collegamento. "Arabo, quello che siamo", ribatte il ragazzo. "Allora praticamente tu vuoi subito sottolineare quello che è il problema".

 

 

"Il fatto di essere nato qua da famiglia di immigrati non significa che non siamo italiani", spiega Ayub, che poi indica un amico vicino: "Questo ragazzo è filippino, ma non lo sa neanche parlare...". "Ma voi vi sentite italiani oppure no? Mi sa di no", incalza Brindisi. "Noi siamo italiani, ma vogliamo restare con la nostra cultura, non è che possiamo cambiare".

 

 

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