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Protezione speciale, Salvini contro la sinistra: "Quanti hanno trovato lavoro"

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"Avanti sulla strada del buonsenso". Matteo Salvini difende così l'abolizione della cosiddetta "protezione speciale". Il governo infatti punta allo stop della protezione riconosciuta dalla legge italiana alle persone migranti e che va ad affiancarsi a quella già riconosciuta dalle leggi internazionali. Destinatari? Le persone che sarebbero a rischio di persecuzione e gravi danni nel proprio paese. L’abolizione della protezione speciale è da tempo un obiettivo della Lega, e sabato durante la sua visita di stato in Etiopia, anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto di essere favorevole alla sua abolizione. 

Dietro l'obiettivo dell'esecutivo, i numeri. Gli stessi citati dal leader del Carroccio su Twitter. "Dal 2020 ad oggi, meno del 6 per cento dei permessi speciali rilasciati si sono trasformati in lavoro, regalando oltre 40mila persone all’illegalità e alle mangiatoie", fa sapere il vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture che smentisce Pd e compagni: "Smontata l’ennesima bugia della sinistra, costretta a mentire pur di non ammettere la realtà dei fatti". In neanche tre anni, su 45.059 permessi "speciali" rilasciati, solo 2.600 sono stati trasformati in lavori. Insomma, meno di 6 su 10. 

 

Preparato per il decreto Cutro, l'emendamento sulla stretta alla protezione speciale sarà discusso lunedì 17 aprile in Commissione Affari Costituzionali al Senato e ripresentato direttamente in Aula. Inutile dire che battaglia è già stata dichiarata. "Io credo che le migrazioni sono un fatto che c'è sempre stato e che c'è e va governato e non ideologizzato, quindi con questi interventi, che sembrano un po' spot e alla ricerca del consenso, non si risolve un granché", ha sottolineato il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, paventando il "rischio tendopoli" già evocato dal collega bolognese Matteo Lepore. Dello stesso parere il presidente dell'Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, convinto che "cancellare la protezione aggiuntiva, come effetto pratico non produrrà né una diminuzione degli sbarchi, né un aumento dei rimpatri e neppure una gestione efficace dell'accoglienza. Che sono invece le tre priorità che il Governo deve affrontare. La sensazione è che non ci sia una bussola". 

 

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