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Il terrorista dell'Isis arrestato a Milano: "Italia paese delle libertà, cosa credevo"

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Una confessione sconcertante, ai limiti della beffa. I due terroristi affiliati all'Isis arrestati a Milano, un egiziano e un suo connazionale con cittadinanza italiana, hanno spiegato agli inquirenti cosa ha portato loro a inneggiare allo Stato islamico e a tentare di fare proselitismo online in nome della Jihad, la Guerra santa contro gli infedeli.

"L'Italia è il Paese delle libertà, pensavo di poter dire tutto quello che volevo ma non volevo fare niente di male, e non sapevo fosse così grave, non sapevo di correre il rischio di andare in carcere...", ha spiegato il 43enne Alaa Refaei, il più giovane dei due (e quello con la cittadinanza).

 

"Ho fatto propaganda all'Isis - sono le sue parole di fronte al gip Fabrizio Filice, riportate dal Corriere della Sera - ma solo per quanto riguarda la Siria perché pensavo combattessero il regime e difendessero bambini e donne. Ma non sono d'accordo con quello che fanno fuori dalla Siria". "Le mie erano solo manifestazioni di simpatia per Isis in un periodo in cui combatteva Assad, poi mi sono dissociato quando ho capito cosa era davvero lo Stato Islamico".

 

Si tratta di capire quanto la versione fornita dall'italo-egiziano corrisponda a verità, specie in questi giorni in cui la propaganda dei fondamentalisti islamici, sull'onda dello scontro tra Israele e Hamas, sta tornando capillare e violentissima, o se piuttosto non sia una goffa strategia difensiva. L'ex piccolo imprenditore edile, italiano dal 2010, si mostra meravigliato per il suo arresto, avvenuto martedì, con l'accusa di "partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo internazionale". Rischia da 5 a 10 anni di carcere

 

"Quando l'anno scorso mi portarono in questura, se avessi avuto un qualche rapporto reale con l'Isis sarei scappato, invece ho scoperto che era un reato e ho smesso, ho iniziato a pensare solo alla mia famiglia e al lavoro, e in Turchia dovevo andare solo per farmi i denti", si difende. Tra le prove in mano agli inquirenti, il pagamento tra 2020 e 2021 di 4.000 euro a beneficio di alcune donne in Siria.

 

"Una donna che non conosco mi ha contattato dalla Siria e fatto vedere le condizioni in cui le donne e i bambini vivono nei campi profughi. Ha detto che mi avrebbe chiamato il signor Sayad Abu Usama, che poi su Whatsapp mi ha chiesto 'quando riesci a mandare i soldi?'", la versione dell'egiziano. Sayad Abu Usama, secondo l'intelligence americana, è un membro dell'Isis. "Ho mandato qualche centinaio di euro, l'ho fatto per i bambini poveri: solo un motivo di religione, non sapevo che il campo fosse ricollegato allo Stato Islamico e che quell'uomo fosse dell'Isis". Le minacce a Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi ("Sappiamo come zittirli e fermarli, siamo pronti a colpirli a ciabattate") sarebbero invece "solo uno scherzo".

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