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Consumatori nomadi tra insegne e marchi: nel carrello c'è l'essenziale

di TMNewslunedì 3 novembre 2025
3' di lettura

Milano, 03 nov. (askanews) - Un consumatore nomade, sempre meno fedele a un brand o a una insegna, ma condizionato da una capacità di spesa in contrazione che impone maggiore oculatezza nei consumi. E' questo lo scenario emerso dal webinar "Nuovi consumatori, nuove sfide: i segnali del cambiamento nella grande distribuzione", organizzato da GS1 Italy in ambito ECR e in collaborazione con Circana, che ha messo in luce come i fatturati nella distribuzione moderna nel largo consumo confezionato siano aumentati sotto la spinta congiunta di volumi (+2,2%) e inflazione (+1,4%). "Sicuramente in questo momento stiamo assistendo a un consumatore che sta focalizzando buona parte dei propri acquisti su categorie essenziali per un consumo settimanale, un consumo possiamo così dire giornaliero - spiega Corina Passaro, senior retail director di Circana - mentre sta facendo delle scelte più differenzianti su categorie meno essenziali".

Per i retailer questo significa avere un assortimento tale da garantire la risposta alle esigenze del consumatore in quel momento, cercando di offrire servizi sempre più elevati: "La reazione che vediamo è un aumento del livello d'attenzione rispetto ai livelli di servizio lungo tutta la filiera - afferma Giuseppe Luscia, Ecr senior project manager di GS1 Italy - insieme all'incertezza c'è anche una forte liquidità nel comportamento del consumatore che dimostra meno fedeltà all'insegna e alla marca, è più facile a cambiamenti e l'out of stock può diventare una delle ragioni per cui il consumatore si orienta non solo verso insegne, ma addirittura verso canali diversi".

Proprio l'out of stock, il cosiddetto buco a scaffale, è l'espressione di una mancata efficienza a scaffale che il consumatore non sembra disposto a tollerare: il 39% dei clienti infatti cambia brand piuttosto che attendere il ripristino. Nell'ultimo anno, stando al Barometro Ecr-Osa sviluppato da ECR Italia, il tasso di out of stock si è stabilizzato al 3,4% con un 4,6% di conseguenti vendite perse con dinamiche sottostanti molto diverse: "L'indicatore di out of stock è abbastanza stabile nel corso degli ultimi anni e questa tendenza è comune, cross-canale. Dietro però questo dato medio, che è sicuramente un dato positivo, ci sono ancora delle aree su cui bisogna andare a lavorare, che sono sicuramente legate ai picchi di stagionalità, che andiamo poi a leggere quando parliamo di determinati mondi - aggiunge Passaro - L'ortofrutta continua a essere una delle categorie con il maggior tasso di out of stock quando c'è l'inizio della stagionalità".

Accanto alla frutta, prodotti come le uova fresche, più essenziali, sono quelli che richiedono una maggiore efficienza a fronte di formaggi e salumi che sono fra le categorie più performanti. "L'out of stock, monitorato lungo il tempo non ha avuto al di là di anni un po' particolari, non ha avuto grandi oscillazioni - sottolinea Luscia - però il dato è comunque un dato rilevante, cioè attorno al 4-5% di vendite perse è un dato estremamente rilevante. L'approccio delle aziende in questo momento è quello di guardarsi al loro interno, guardare la relazione fra produttore e distributore e andare a sistemare tutte le cose che possono portare a un miglioramento in questo senso".

In questo scenario è la marca del distributore a meritare attenzione con un ruolo sempre più centrale nelle scelte dei consumatori, superando come incidenza il 30% del totale largo consumo confezionato. "La marca privata è sicuramente uno degli elementi più importanti per il cliente italiano - dice Corina Passaro - il suo ruolo è, da un lato, consentire al cliente di poter continuare una serie di acquisti, mentre su altre categorie il suo ruolo non è solo quello di preservare il potere di acquisto, il valore del prodotto che viene comprato, ma anche quello di poter consentire al cliente una forma di gratificazione".

Uno scenario in cui l'incertezza si fa normalità e apre nuove sfide a insegne e produttori: "In un anno, i consumatori visitano otto insegne diverse. Quindi c'è grandissimo movimento e ovviamente a questa infedeltà occorre rispondere con livelli di servizi che indubbiamente non hanno a che fare solo con la disponibilità di prodotto - conclude Luscia - ma questo diventa un elemento del gioco indubbiamente".